«Imbrogliare le carte,
far perdere la partita.
È il compito del poeta?
Lo scopo della sua vita?»
Giorgio Caproni, Il sale della terra
Faccio il meno possibile, o faccio quello che riesco a fare. Basso profilo. Niente giornali e telegiornali, guardo però tutti i giorni Sport Mediaset e a volte ne ascolto pure il podcast in radio. È defaticante. Sempre uguale, perfetto, come il calcio. La Zanzara meno in questo periodo ma è normale. Musica pochissima, con poche parole.
Al telefono non rispondo quasi mai. Ai messaggi soprattutto. Il fatto che abbiamo uno smartphone ci pone in relazione coatta con centinaia di persone al giorno, il che mi devasta. Non mi interessa se la gente ci rimane male, dicano ciò che vogliono, io riesco a interagire con massimo dieci umani. Ho bisogno di riposo, me lo prendo.
Negli ultimi due mesi ho fatto meno Bengala perché ho lavorato tanto su cose future. Serve tempo per darsi a se stessi. Come ogni anno Benga andrà in ferie, è sempre doveroso riconciliarsi con gli arretrati. Altrimenti vi manderei robaccia.
L’inizio dell’anno per me non è mai gennaio è sempre settembre. Non dò importanza al meteo, alle promesse di guerra, a Trump, a Musk, a Giorgia. Che mi scendessero dai coglioni tutti almeno fino a settembre. Le vacanze sono solo questo lungo periodo estivo in cui entro in disoccupazione e mi tocca sorbirmi la gente che prende per il culo che sei un insegnante beato te, ma ormai me ne sbatto.
E improvvisamente tutta questa libertà diventa un cataclisma, una depressa landa di sabbia mobile. Mi si accendono mille lampadine, devo per forza fare qualcosa, non riesco a sopportare la pressione del vuoto. E infatti di solito sono creativo proprio in questo periodo disastroso che è il luglio-agosto. Che lo aspetti tutto l’anno e poi è una mannaia sulla volontà a meno che tu non lo imbrigli e dai spago alla fantasia.
Che Bengala vi serva a questo, prima di tutto.
Che non vi insegni mai un contenuto, ma piuttosto un metodo.
Aprite libri a caso, leggetene poche righe, non ascoltate i podcast, non fate contenuti virali, non seguite quello che vi dice il social manager, non pensate come un brand che tanto non lo siete, non postate le vostre vacanze, non postate stories con la vostra faccia, non commentate. Siate guardinghi, c’è bisogno di sali minerali ed energia. Se non ce la fate a leggere fanculo, non leggete. Chi se ne frega.
Guardatevi attorno, sempre. Anche nelle situazioni più desertiche. Quello si che serve.
Anche dal silenzio più solitario, anche dallo scenario più banale può nascere un pensiero buono.
Mi dicono sia Sant’Antonio che forse qui un tempo si festeggiava
Coi panini benedetti
Ora invece a Montecatini hanno chiuso
Il parcheggio della vecchia ASL
Ci sono due macchine bruciate
Scheletri essiccati di cattiverie esaudite
Macerie su cui camminiamo distratti
Mentre dal bar jolly si spalanca una porta
Esce un vecchio col carrello da supermercato pieno di vino
A seguire un cinese,
Con carrello e dentro: vino e un bimbino
La moglie lo rincorre e lo insulta
Mando un messaggio a Pietrino
Scappato ad Utrecht
C’è un incantesimo malvagio
A coperchio di questo luogo
Ci vediamo al Cortona on the Move dove esporrò Supersosia. Dal 17 al 20 luglio!
Per l’occasione c’è la ristampa della fanzine. Se la vuoi scrivimi in pvt.
La mia fortuna è non aver mai considerato Richard Benson un musicista. Per me era uno zio strambo e tenebroso che finiva sulla tv locale, almeno ai tempi. Rimanevo rapito dalla sua voce tonante e dallo sguardo vacuo, a volte assente. Mi faceva anche un pò paura… Quelli come lui vengono sempre afflitti da un inutile questionario senza risposta: ci è o ci fa?
Io la risposta ce l’ho sempre: chi se ne frega. Così si dà. Tanto ci deve bastare.
Ora che sono un adulto guardo a Benson con la nostalgia per un tempo passato, un tempo in cui per farcela, per emergere, non dovevi avere dei criteri buoni per l’algoritmo ma dovevi spaccare, avere coraggio, magari essere assurdo ma DIVERSO dagli altri. Servivano tipi interessanti, in grado di tenerti incollato allo schermo, o di trascinarti a una serata estiva della festa dell’Unità. Il mago Anubi, il “G”, Baffo da Cremona, Wanna Marchi, potremmo elencare tanti miti delle tv locali che ci hanno accompagnato in quelle ore di esplorazione analogica e nottura, in cui per farti le seghe aspettavi Rete Mia alle 01:30. Internet in casa non ce lo avevi e dovevi ingegnarti coi giornaletti. Io ero bambino e creavo delle compilation in VHS di pubblicità erotiche.
Quel DIY, quel cut-up, quelle basi di montaggio erano nutrite da un sogno di fuga, da un futuro che non ti immaginavi ma che potevi contribuire a creare essendo davvero te stesso.
Vedere il documentario su Benson mi ha molto toccato, anche perché Richard apparte negli ultimi anni in tutta la sua decadenza e fragilità, sempre dignitoso e mai disposto a mollare la casa piena di debiti, le situazioni assurde. Scampato a un suicidio, a un mondo dello spettacolo che lo ha rigettato, a una scena culturale che lo ha sempre tenuto ai margini, quest’uomo ha continuato nelle sue scale velocissime alla chitarra, nel suo trip del metallo, nonostante gli anni passassero e quel mondo fosse finito. Lui però, di finire non ne aveva voglia. E nemmeno di cambiare, o di adattarsi ai tempi, o di piacere.
Diventa così quello che di norma definiamo “un grande” ma solo parlando tra di noi, purtroppo.
Di quelli come Benson non se ne fanno quasi più, ma credo sia solo un momento. Quando l’algoritmo ci crederà completamente rincoglioniti e tutti uguali sicuramente ricominceremo a farci le magliette da soli, a non voler assomigliare per forza al cantante famoso o alla tipa dei social e allora ricominceranno piccole riunioni spontanee di gente che ha voglia di divertirsi.
Cercate Maurizio Scarcella, il regista del film e sostenetelo. Quando proietta il film andatelo a vedere e sostenetelo. Non ce ne frega niente che tolti i Nani, tutta la produzione musica di Benson sia trascurabile, lui è stato un’opera d’arte. Questo bellissimo documentario ce lo ricorda.
Bella botta il maestro Battiato. L’unica volta che l’ho incontrato mi ha mandato a fanculo in diretta radiofonica perché usavo il flash. E aveva ragione.
Di lui ci resta un sacco di musica stupenda e altra incomprensibile, ma soprattutto il suo unicum è stato quello di essere un genio spirituale. Un creativo vero in un mondo, quello dello spettacolo, sempre più materialistico.
Ecco c’è un Battiato per molti inedito che è quello reso in foto da Masotti e ripubblicato con Seipersei nel volume Nucleus. È il Battiato a partire dagli anni ‘70, coi capelli impossibili, le fricchettonate, lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco. Parlano le immagini per una volta e altrettanto per una volta possiamo dire aggiungano qualcosa. Sembra un Battiato cosplayer di Gurdjeff, un sufi, uno avanti cent’anni. Bellissimo. Per i veri fan.
Qui un articolo de Linkiesta che lo racconta.
Quando ero ragazzino la scuola Alberghiera era per quelli che i professori gli dicevano non fossero buoni a studiare. Oggi è per gli chef. Il mondo cambia di continuo ed è il suo bene.
Oggi ad esempio la gente fa i progetti editoriali (così affini per assonanza ai progetti edili) per spaccare, ma non spacca mai. Fanno quasi tutti le stesse cose, identiche, piatte, perfette.
Poi c’è lo Studiotonnato che spazia nell’inconscio e riporta la rivista underground nell’underground. Dark humor, incubi grafici, battute misogine, razzismo, pornografia, insomma tutto quello che serve per stare allegri. Dopo Caccia e Peschissima, dopo Cowboys etc, ecco Mangiare Mangiare, la rivista sul mangiare. Ricetta del cazzo alla piastra di Elisabetta Canalis la mia preferita con la spiegazione che invita a sequestrare un impiegato comunale, evirarlo e mettere il cazzo in padella. Quando la carne diventa bianca è pronta.
Impaginato da incubo grafico, il pastiche fotolinguistico della rivista accumula potenza pagina dopo pagina. Non c’è più una mente razionale dietro le scelte editoriali, ma un organismo che lavora per libera associazione. Ecco come nascono il pesce di tonno, la collezione di figurine di Totti direttamente nello stomaco, il pollo ripieno di Rolex di Corona.
Mi mette molta allegria, spero la metta anche a voi.
Ok è tutto. Ci vediamo la settimana prossima. In fondo a Bengala troverete sempre e soltanto una frase di Charles Bukowski. Sappiatelo.