BENGALA #129 - PROFETA: LA DESTRA RIPARTA DA TONY EFFE
senza censura Scurati vende la metà - Vincenzo Profeta - Censura subito - Breviario del Caos
«L’arte è un atto vandalico al vandalismo, un misfatto, uno scippo, uno stupro d’amore, è un atto folle, sconclusionato, progetto senza progettualità.
È proprio così che si esalta la bellezza che è solo verità eterna, e la verità non è mai comunicazione, la comunicazione è l’ultimo e più basso degrado dell’arte».
Vincenzo Profeta, B.R. Ammazzate Banksy, GoG Edizioni
«Con questi dirigenti non vinceremo mai».
Nanni Moretti
Cari amici,
Io ci speravo in una cultura di comunistoni quando avevo vent’anni.
Era tutta gente di spessore, leggevano Walter Benjamin, Adorno e gli Adelphi; avevano studiato filosofia teoretica e fumavano tabacco rollato. Non andavano nei club ma nei circoli, nei territori dell’Arci o del centro sociale, che erano comunque dei posti CONTRO. Il loro look mood era Bertinotti per il tweed e l’austerità, Ferretti per la cattiveria ma poi subito il professor Cacciari per la coolness brillante (grande amante della figa Cacciari, lo sanno tutti, il che lo rende simpatico e in grado di contrastare l’assioma de La pupa e il secchione, per cui un colto è sempre uno scaccia-topa).
Ma come mai la cultura (e la cultura di sinistra) non è più figa? A mio avviso perché i colti recitano male la loro parte. Ce la menano troppo.
L’altro giorno in una libreria c’era un poeta che presentava il suo libro, uno importante. Era così preso male, così serio. Credo abbia detto anche una parola in greco a un certo punto. Io volevo chiedergli: quante/i sei riuscito a chiavarne con le tue poesie? E non per denigrarlo, anzi! Il manifesto è Bukowski: “Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze” si intitolava una sua raccolta. Questo era cool. Non scrivere poesie per salvare il pianeta. Ci restiamo così poco sul pianeta che dovremmo pensare di più a godere.
Amici,
inizia la settimana di passione della sinistra con la tragica doppietta celebrativa 25 aprile - 1 maggio. La settimana che ricorda quanto la sinistra sia sparita dai radar e priva di simboli attuali, priva di voci, banalizzata in un mormorio moralistico a uso social per migliaia di megafoni che si danno un tono vantandosi di essere buoni o colti. Se lo dici sei fascio? No, fai una critica. Ma il mondo è dominato da gente che posta sui social l’immagine: il 25 aprile è divisivo (solo se sei fascista) e si sente così eticamente superiore... Padre perdonali, sono troppo pigri per fare altro.
È quindi una settimana di festa per la sinistra e una piaga per tutti noi che dobbiamo sorbircela. E lo dice uno a cui i partigiani e la Resistenza piacciono e proprio per questo non posso che pensare al presente, agli oppressori delle nostre vite che sono nello Stato, nelle istituzioni, nella mentalità della massa e che non vengono combattuti nemmeno per sbaglio. Non ci ribelliamo alle vite da schiavi, alle bollette, alla benzina a due euro, a una minchia. In confronto ai partigiani non abbiamo un minimo di palle quindi c’è poco da festeggiare.
Torniamo al presente.
La sinistra che ha dato alla cultura? Dei professorini noiosi e menosi.
Li trovi in tutte le fondazioni, in provincia, a Roma, in comune. Gente che organizza mostre di merda, incontri di merda e promuove merda. Gente boriosa, piena di sé, che si dice preoccupata per le minoranze, spocchiosissima, chiusa, con una mentalità clientelare per cui si ottiene il potere per ottenere altri poteri extra e incatenare qualche sottomesso a te. Un rompimento di palle unico e un danno di immagine per i potenziali affascinati dalla Cultura, dall’Arte, dalla critica che si allontanano da esse appena vedono gli Scurati, i Saviano, la Valerio etc. Tutti gli intellettuali che piacciono alla sinistra dipinti come buoni. (Prima piaceva anche Cacciari, ora che dice che il fascismo non è un pericolo gli danno del rincoglionito o lo ignorano). Uno dice: se studio e leggo divento come loro? Allora non studio e non leggo. Sono brutti, pesanti, nessuno gli vuole somigliare. Sono dei diti in culo.
I veri intellettuali dovrebbero quasi sempre essere contro lo Stato e mai patrocinati da esso. Scurati ha un libro tradotto in tutte le lingue e che è stato in cima alle classifiche per mesi, non è vittima di censura ma di dirigenti idioti che incarnano tutti i peggio stereotipi sugli statali e i raccomandati politici. Infatti stanno lì, ai vertici. Non si è mai sentito di uno Stato utile alla cultura, lo Stato di solito ostacola le cose buone. Cito Carmelo Bene: «Qualunque governo, come qualunque arte, è borghese: tutta l'arte è rappresentazione di Stato, è statale. È uno Stato che si assiste fin troppo. Se no alla mediocrità chi ci pensa? La mediocrità, par excellence, è proprio lo Stato».
maledetti tutti quegli intellettuali di sinistra che negli anni si sono auto-martirizzati e hanno fatto passare l’immagine di loro tipo San Sebastiano. Sono loro i colpevoli del fantomatico “non si può più dire nulla”, lo è il loro moralismo. Nel 2024 in Italia per essere considerato un intellettuale devi parlare di drammi, finocchi, immigrati, aborto, guerra, malattie personali, fatti personali, matrimoni gay e menate varie. Se sei preso bene o distante da questi temi non ti prendono sul serio. Vendono i libri di quelli che fanno outing e quelli con le malattie, la sinistra ha creato tutta un’epica della sciagura che credo sia legata a un senso di colpa ancestrale poiché vive nel consumismo e non fa niente per abbatterlo. Ci si rifugia nella narrazione sui morti di fame per strappare applausi unilaterali e consensi e sentirsi al tempo stesso buoni e nel giusto.
Si moltiplicano epigoni letterari clonati, è tutto uguale. Film sui morti schiantati in mare, sulle mafie, rassegne culturali sul disastro climatico, sulla corruzione, sulla merda.
In questo tritume finisce anche l’antifascismo dei social.
L’affaire Scurati
Unica grande ingiustizia sul discorso di Scurati è il cachet. Non puoi essere un Premio Strega e poi elemosinare 1500 per leggere in tv. Un kappa e mezzo, dai cazzo non si può sentire, cosa gli diciamo ai giovani che di lavoro vorrebbero fare gli scrittori o i registi o che ne so? Gli dobbiamo dire che faranno la fame?
Chiara Ferragni che è un’ebete vuoto prendeva 30k per un post merdoso dei suoi e uno che vince lo Strega 1500 euro? Allora a che serve vincere lo Strega? Ma ci fai un danno d’immagine Scurati che non hai idea, altro che il fascismo. Pensa ai laureati in lettere che lavorano a McDonald’s e ti hanno come modello, ai precari alla canna del gas che sperano di farti da ufficio stampa sottopagati… ma così come ti commuovi per il fascismo non hai un pò di cuore per le vittime del mercato editoriale, per chi lavora nelle agenzie, per i bibliotecari, per le partite iva nelle case editrici e sui giornali di sinistra (il Corriere mi deve ancora dare 150 euro per delle foto, così per dire, mentre quell’altro magazine famoso online che fa i video da milioni di views me ne deve 3500 che non mi darà mai perché ero in nero e hanno fatto un trick tra società però intanto fanno i servizi sui precari e le ingiustizie), per gli autori, per gli sceneggiatori delle fiction italiane? Scurati ci riporti indietro a prima dei diritti sindacali (ma cosa dico: non abbiamo mai avuto nessun sindacato che si occupasse di quei diritti, è CENT’ANNI CHE I SINDACATI NON SERVONO A UN CAZZO).
Comunque Scurati: io M. Il figlio del secolo l’ho amato. L’ho letto tutto d’un fiato. Ho detto: ecco uno che fa una roba alla Ellroy ma in italiano e in più sul ducione che come tema spacca.
I due successivi non mi hanno preso altrettanto, ma comunque erano passabili.
Scurati ha fatto un gran bingo col fascismo e in questo è stato geniale in un Paese sempre alla ricerca di fantasmi e battaglie ideologiche ammalatissimo di “pericolo fascismo” e per niente turbato da stipendi fermi, stagnazione, dall’INPS, dalle bollette, dall’immobilismo totale, dall’economia morta etc. Ha cavalcato un’onda Scurati, gran fiuto. A differenza della Murgia, di cui rimarrà solo il fascistometro e non una pagina una manco a pagare che ha scritto, Scu ci lascia M. il figlio del secolo che non è male e c’ha pure fatto i soldi. Di questo si dovrebbe parlare alle scuole di scrittura: come fare a vendere? E invece ci vergognamo ad ammettere che ci piace il successo, e ostentiamo la melassa delle buone maniere.
La verità è che l’ufficio stampa di Scurati in questo momento si sta facendo le seghe a due mani dalla gioia. Sapete che boost di vendite ha uno “scrittore censurato dalla Meloni”? Ma una roba così uno non la mette su nemmeno in anni di strategia. Ragazzi vendere libri oggi è come vendere il ghiaccio agli esquimesi, almeno venderli nelle tirature che ha Scurati, è una cosa quasi impossibile. Scurati con questa mossa si candida a presenziare ospitate tv, festival, premi letterari, convegni per tutto l’anno.
Possiamo tranquillizzarlo sulla paura che dice di provare quando esce di casa, nessuno lo riconoscerà, nessuno lo vuole menare. Però Scurati se è un vero intellettuale deve dire la verità: sta godendo come un riccio per una promozione che gli garantirà contratti e soldi. Se non lo fa è un ipocrita. E più fa la vittima più sale nel gradimento, in questo momento è obbligato a farlo, sarebbe un pazzo a non perseguire la strategia.
Fassino che ruba profumi e Ligabue che dice Clerici puzzi di sugo
A mio avviso le perle della settimana. Spero siano vere entrambe. Avrei sperato in Fassino tutto allucinato che gridava all’esproprio proletario in aeroporto invece invoca il complottismo contro di lui (non è vero che rubavo! e intanto c’è il filmato in cui guarda in camera e si infila la boccetta in tasca. Rischia da 6 mesi a cinque anni giuro muoio da ridere). È tutta la vita che servi messa Fassì, era figo se facevi la mattata.
Idem Ligabue. Se la Clerici è arrivata a dirlo a Belve della storia che dicevi puzzasse di sugo io penso glielo abbia detto una fonte attendibile. E che c’è di male Luciano? Era figo se lo avevi detto davvero e lo ammettevi. O se dicevi: non l’ho detto ma lo penso. Invece gnente, il solito buonismo.
CACCIARI (da Fb di Facci)
Professor Cacciari, perché ritiene che non abbia più senso parlarne? Probabilmente è la parola più discussa degli ultimi giorni...
«Perché no! Il mondo contemporaneo non presenta blocchi sociali, né interessi di classe che portino a totalitarismi. Non vuol dire che sia una democrazia perfetta, ma non ci sono forme autoritarie, nessun pericolo di totalitarismi fascisti, come sono stati quelli del Novecento. È solo propaganda, fatta quando destra e sinistra non hanno altri argomenti».
Quindi, secondo lei, questo appello all’antifascismo, rinvigorito dopo la censura al monologo di Scurati sulle reti Rai, parte da presupposti sbagliati?
«Bisogna essere onesti. Chi è veramente fascista oggi è un povero scemo fuori dalla realtà, chi dà senso a quella parola è semplicemente fuori dal mondo. Magari qualcuno c’è, ma sono pochi. E di sicuro non Meloni».
Perché no?
«Non credo che lo sia. Cerca di evitare di fare grandi autocritiche, ma nemmeno la sinistra le fa. Credo che Meloni abbia capito che il fascismo non esiste più, manca di prospettiva, di principio della realtà. L’ha capito lei e quasi tutti i suoi dirigenti. Antifascismo è diventato una parola vuota da quando non è più declinata o incarnata in dei progetti. È come dire che bisogna essere sempre onesti, o che la mamma è buona. Sono concetti generici».
Resta il fatto che il testo di Scurati è stato censurato per aver attaccato il governo di centrodestra. Ma questa censura ha avuto l’effetto di farlo girare ancora di più. Era un minuto in televisione, è arrivato su tutti i canali social, sui siti, sulle testate giornalistiche.
«E infatti lì hanno sbagliato. Laddove sei censurato, puoi avere un effetto rimbalzo, è naturale, succede spesso. Però io il testo non l’ho letto. Magari è un assoluto capolavoro, Scurati è un bravo scrittore e immagino che sia bello, ma non posso giudicarne il contenuto».
Mi fermo in un bar verso Lammari
son solo napoletani e albanesi
tutti appena tornati dal cantiere
Otto o nove, una piccola orda
unghie nere e molto lunghe, odore di piedi ascelle e palle
birre sciabolate, qualcuno ha pippato.
Una sola donna, ma muta dietro al bancone
esegue funzioni di base
Sono tutti sbronzi, imbenzinati, forse felici
uno balletta dinoccolato coi rasta
“Signora la vita m’ha sempre buttato merda addosso, mi ci manca lei oggi”
Dice a una che voleva gli trainasse l’Ape
Uno ha un anello al dito con cui apre le bottiglie
Una fede, meglio della fede dice
Mi consigliano di andare al leccione
Una quercia di 700 anni
”La prese un fulmine la divise in due ma poi la cementificarono e la salvarono”
me lo dice tale Pizza, cuoco, bestemmiando che non la conosco E vivo a 5 km!
“Ma te dove cazzo hai vissuto fino ora?”
E con questa mi gela.
Ma io, in effetti, dove son stato?
Il Gatto di Marusca è sette chili
o undici, non ricordo.
Vive al piano di sopra e non esce mai di casa
assieme a un altro, che forse quello è 11 chili
Quindi i gatti di Marusca sono due
ma io ne vedo sempre e solo uno
perché l'altro ha paura.
Non so il suo nome
a volte gli ho dato da mangiare
quando mi vede si struscia
è una delle forme di vita che mi sta più simpatiche
su tutto il cavolo di pianeta.
Se ti piace la mia shit e ne vuoi altra, ecco il libro.
Cosa è rimasto culturalmente di Silvio Berlusconi oggi? Ve lo dico io; Toni Effe, si la destra dovrebbe ricominciare da lui, e piazzarlo nel prossimo Sanremo.
l’attualità è veramente una merda, tu pensa a quel coglione di dirigente Rai, che ha escluso questo Scurati o come cazzo si chiama dalla rai per un monologo, che pompa gli ha fatto, ma no dai poi arriva la Meloni, e cosa è il genio ? La Meloni gli condivide il monologo nel post presidenziale, e via il santino della sinistra è pronto, eh no la Meloni è un genio, ha condiviso il monologo nel post.
La Meloni non è un genio miei cari, perchè il vero genio era Silvio Berlusconi nella destra, ora cosa è rimasto culturalmente di Silvio Berlusconi oggi? Ve lo dico io; Toni Effe, si la destra dovrebbe ricominciare da lui, e piazzarlo nel prossimo Sanremo o al posto della Santanchè, il rapper Romano fighetto ex Dark Polo Gang, che in un intervista oltre ad aver detto che si è fatto una che si è fatta Berlusconi, e se l’è fatta solo per mitomania berlusconiana , è già da apprezzare, no questa era l’intervista prima, di quella che gira su esse magazine dei ragazzini per adesso, insomma in quella di esse, che gira adesso, è quella in cui Tony effe cerca di minimizzare il fatto che suo padre guadagnava sei mila euro al mese, cioè che cazzo che ci fai a Roma con sei mila k al mese brò, allora faccio il rapper, perché vengo dalla strada spaccio e soffro che non mi posso comprare le scarpe di gomma, il fatto è che Tony effe dovrebbe essere il vero capo ideologico della destra italiana, è lui il vero miracolato l’unico vero populista da votare, depensando come direbbe Carmeluccio Male, non ha nessuna dote e fa successo. Non è come quel moralista di Vannacci, il colonnello Buttiglione della destra italiana, che non è affatto brutto sporco e cattivo come vogliono farci credere, Vannacci tende al bene, o comunque è una psy op che tende al dare dei finti valori, per fottervi, in un conservatorismo infondo bacchettone per boccaloni. Tony no è come un dio stupido lovcraftiano, non ci fa le pippe sulla famiglia tradizionale, che è morta da 45 anni in italia, e siamo morti pure noi, e non gli ne frega un cazzo a nessuno, e nessun ne vuole una nuova, regolamentare in sottogeneri lgbtq come vuole la nasona Elly, preferiamo essere orfani, che nessuno voterà mai a Elly.
Si insomma la destra riparta da Tony effe, invece di censurare, prezzolatissimi finto intellettuali di sinistra, dia finalmente dei valori antisociali, ovvero i soldi, lo sticchio, e la droga, sarebbe un ammissione di sincerità, e non ci spacchi i marroni con l’etica del lavoro, e tutta la ferraglia dello sbirrame moralista che si porta dietro, voglio più destra, più maledetta, più cattiva, più vuota, perchè la destra è libertà. La casa delle libertà, solo cosi potremmo essere veramente morti, e quindi per contrasto vivi, o forse boh fate voi, a me onestamente del mediocre spettacolo italiano, non interessa più nulla. Putin è alle porte, la crescita è zero, figli non se ne facciamo più, e chi figlia li fa scemi, mezzi autistici, pieni di malattie imposte, per vendere pilloline, ed integratori al supermercato, onestamente tra 25 anni l’ intelligenza artificile, può solo servici per cambiarci il pannolone, e sono in una visione ottimistica, solo per voi di Bengala, perché tanto nel mondo vince sempre il male, il peggio, il più cretino. Mi spiace dirvelo ma è così, non c’è nessuna qualità, sentimento, bontà, intelligenza che possa prevalere, per cui è tutto merda, massonica, ma una masoneria di cretini, quindi createvi la vostra bolla come su faccialibro e buona notte al secchio, è tardi per tutto, anche per scopare, o meglio scopate ma senza ascoltare gli intellettuali, cercatevi una fede, credete in qual cosa, ma che sia vostro, sentito ed istintuale, intestinale, no non serve neanche fare yoga, o isolarvi in campagna, siate umani, ma anche transumani, l’inter ha vinto lo scudetto, è un giorno orrendo, le nuvole sono nere, io aspetto il sole nero, il ritorno del diavolo in cima alla classifica, vorrei essere cupo, martellante, lo sono.
SEGUITE Vincenzo Profeta
GOG ci sta dentro, pubblica sempre titoli itneressanti. Vincenzo Profeta è bellissimo. Ho già parlato di Parlermo Male su un vecchio Bengala e ora vi metto degli estratti del nuovo: B.R. Ammazzate Banksy. un pampleth contro la street art che è stupendo.
Sono posizioni radicali che non importa condividere, è casomai importante leggerle. Così, solo per sentire una voce diversa.
«Sogno una sovraintendenza nazista che blocchi tutto questo brutto, questo brutto diventerà la prima arte che vedrà il bambino della strada e non ci sarà scampo per lui dalla bruttezza.
Sogno architetti e gente con le palle picchiarvi selvaggiamente, che vi costringa in celle per ore a provare il colore dell’intonaco della parrocchia. La street è andata completamente fuori controllo, fuori dal seminato estetico, e forse di art ha ormai molto poco, forse solo il nome, perché quando una cosa o qualcuno sente il bisogno di specificare o di definirsi, di precisare, c’è poco da fidarsi, lo stupro è in atto, è totale, scellerato, è scollamento dal bene architettonico su cui si dipinge, persino in periferie emarginate, è sempre sfregio, si caga l’ennesima stronzata fuori dal vaso, la si fa bella grossa, e sul muro e sulla pagina social del giornale online regionale volano i mi piace, il sindaco ci mette la faccina, il parroco l’abbraccio, i complimenti dei medioman su quanto sei bravo a disegnare, il comune o la parrocchia reggono il gioco»
«La cosa che stimo di più di tutta questa storia dei graffiti, sono i graffiti brutti, sì, quelli che… insomma… riescono male. Gli autori li fanno in posti veramente ameni perché se ne vergognano, sono esercitazioni, ma sono anche poetici e pieni di tensione creativa adolescenziale. Spesso gli autori sono ragazzetti alle prime spruzzate di bomboletta, i curatori li escludono dalle ricognizioni classiche sulla street art, e spesso sono capolavori anonimi, tag sconosciute, orride, storte, fatte male, ma finalmente ribelli, segni di sensibilità ingenue, affascinate dal mondo della figaggine e dei colori, fatte da gente che non sa disegnare, e non sa gestire il colore di uno spray, che non ha mascherine e proiettori, che fa tutto a cazzo di cane.
Il graffito brutto è il vero scorretto del sistema della street art attuale, graffiti con errori grammaticali, lettering deformi; “è uno che ci ha provato” mi dico sempre, quanto è patetico e poetico allo stesso modo, di certo è genuino, il solo averci provato a fare il figo, ecco, questo manca ai graffiti fatti bene e borghesi».
«Banksy non attacca mai le multinazionali senza motivo, le multinazionali sono un archetipo a cui lui anela, finendo per essere egli stesso un brand».
«Banksy è il tulipano nero dei ritardati mentali da centro sociale, la sua morale è talmente da pelo sullo stomaco da risultare completamente indifferente, eppure il sistema è riuscito a pomparlo, Banksy è semplicemente il solito artista fake, creato da una cricca londinese, che al posto di emettere titoli tossici manda di notte un paio di ragazzini a trattare temi scontati e idioti».
Il pezzo più bello del libro è quello dedicato al misterioso Uomo che scrive sui muri, ribattezzato Signor Enzo da Profeta e Marco Leone Barone.
Al Signor Enzo i due hanno pure dedicato una mostra.
Allego alcuni passaggi e foto.
«Ma chi o cosa è il Signor Enzo? Il Signor Enzo è l’unico poeta visivo italiano degli ultimi anni. Il Signor Enzo, ovvero Vincenzo Romano, artista, graffitista, primitivista, poeta visivo palermitano, il cui lavoro è al limite tra insider art e outsider art.
Un giorno persino Il Messaggero parlò del Signor Enzo, usando lo pseudonimo di “uomo che scrive con i pennarelli sui muri”, quando su un muro di via dei Maroniti comparve la straordinaria scritta “BR ammazzate le donne”, una delle opere più commoventi del Signor Enzo, che dimostrava quanto costui potesse amare le donne, che lui, barbone e poeta visivo».
«cifre in euro, pagamenti, triangoli, semicerchi, puntini, astine e trapezoidali e ancora faccine, stelline e strani tre con codine a mo’ di spermatozoi, nomi famosi come “Bergoglio”, formazioni di squadre di serie A, piccoli riquadri, sottolineature, e poi “Ammazzate Materazzi”, “Ammazzate Matteo Renzi”, e tanta, tantissima spettacolare poesia visiva scritta sui muri tra Palermo e Roma, linee continue».
«Aprono qualcosa, mi dicevo, un portale verso l’altrove, le date di nascita, le date di eventi, un evento alchemico, un atto creativo magico, fatti di cronaca riportati come titoli di giornale sui muri, Notre-Dame e il suo incendio, riportato nei muri di corso Finocchiaro Aprile, la Costa Concordia, il capitano Schettino, Erica e Omar, la cronaca del Signor Enzo, esiste un codex dentro queste opere del Signor Enzo, un codex oscuro, inquietante e leggero, un messaggio dei gesuiti?»
«Il numero sette di Ronaldo scritto su un pilastro di cemento armato assumeva modi e forme da formule magiche. E ancora il nome di Emanuela Orlandi, scritto ovunque sull’asfalto sotto la pioggia, il prodigio della parola applicata alla materia, la vera alchimia artistica del Signor Enzo».
«L’arte è il più grande e bel fallimento della storia umana, la vera arte fallisce bellissimamente, esce dal culo dei falliti, l’arte è verità bellissima, verità commovente, la crisi della volontà artistica è una manna per l’arte. Questa è una grande verità per l’arte e per il Signor Enzo, un segreto per fare grande arte è questo: bisogna avere un grande progetto e disattenderlo sapientemente, violentarlo. I sogni disattesi sono l’opera d’arte migliore. L’uomo che scrive con i pennarelli sui muri il tre marzo 2021 si è messo a letto, ha mangiato ed è morto».
The next line del mio amico Cristian Micheletti ne parlava così e così e io so che ogni volta siamo un pò agli antipodi coi gusti (per questo lo seguo e mi piace). Infatti sono andato a vederlo e mi ha abbastanza stregato.
La critica di Cristian era che il film fosse un po’ road movie un po’ altro, buttato lì. Io invece ho trovato che la storia vera non è tanto la guerra civile dei secessionisti stile Capitol Hill quanto piuttosto una riflessione sui media e sul loro cannibalismo.
Il film ruota attorno a una vicenda psicanalitica: la fotografa di guerra con esperienza e cinismo interpretata da Kirsten Dust che si trova tra i piedi una ventitreenne smaniosa di dimostrare di valere. All’inizio del film la bimba è impacciata e piagnona, non riesce a scattare foto in momenti in cui serve il sangue freddo e Kirsten le fa un pò da mamma. Così facendo si umanizza, si rende conto che quella potrebbe essere davvero sua figlia, che ha speso la vita a fotografare l’orrore umano invece di godere dell’amore, della gioia della vita. Così va in tilt, non scatta più foto, è schifata dalla violenza, ha un attacco di panico.
Proprio in quel momento la giovane fotografa ingrana la quinta e diventa una sciacalla spietata disposta a tutto per ottenere lo scatto, anche a mettere in pericolo la vita di chi è con lei.
Più che i secessionisti fanno paura i giornalisti in questo film, i reporter affamati di sangue per cui la guerra è uno spettacolo necessario. I tizi che si ammazzano tra di loro sono tutti più o meno dei dementi, non distingui i buoni dai cattivi, fanno tutti schifo.
film geniale.
L'Inferno che portiamo in noi corrisponde all'Inferno delle nostre città, le nostre città sono commisurate ai nostri contenuti mentali, la volontà di morte informa la smania di vivere e noi non riusciamo a discernere quale ci ispiri, ci gettiamo in lavori sempre nuovi e ci illudiamo di attingere le vette, siamo posseduti dalla dismisura e, incapaci di capire noi stessi, continuiamo a edificare. Presto il mondo non sarà che un cantiere dove, alla stregua di termiti, miliardi di ciechi sgobberanno a perdifiato nel frastuono e nel tanfo, come automi, finché un giorno si sveglieranno in preda alla demenza e cominceranno a scannarsi indefessamente l'un l'altro. Nell'universo in cui stiamo affondando la demenza è la forma che assumerà la spontaneità dell'uomo alienato, dell'uomo posseduto, dell'uomo superato dai suoi stessi mezzi e divenuto schiavo delle sue opere. La follia sta ormai covando sotto i nostri stabili di cinquanta piani e, malgrado i nostri sforzi per estirparla, non riusciremo a contenerla, essa è il dio nuovo, che non placheremo più neanche tributandogli una sorta di culto: è la nostra morte totale che essa esige al più presto.
Ognuno di noi muore solo e muore interamente: sono due verità che i più rifiutano, giacché i più durante tutta la loro vita sonnecchiano e quando stanno per morire temono di svegliarsi. La solitudine è una scuola di morte e l'uomo comune non la frequenterà mai, l'integrità non si ottiene altrove, essa è dunque la ricompensa della solitudine, e se si dovessero suddividere gli uomini, essi formerebbero tre razze: i sonnambuli, che sono un esercito; i ragionevoli e sensibili, che vivono su due piani e, sapendo ciò che a loro manca, si sforzano di cercare ciò che non trovano; gli spirituali nati due volte, che vanno alla morte con passo uniforme per morire soli e morire interamente, quando non si dia il caso che scelgano loro il momento, il luogo e il modo, a dimostrazione del loro disprezzo per le contingenze.
Le città che abitiamo sono scuole di morte, perché sono disumane. Ognuna di esse è diventata il ricettacolo del frastuono e del tanfo, poiché ognuna è diventata un caos di edifici, dove ci ammassiamo a milioni, smarrendo le nostre ragioni di vita. Sventurati senza scampo, sentiamo di esserci cacciati, volenti o nolenti, nel labirinto dell'assurdo, da cui non usciremo che morti, giacché il nostro destino è di continuare a moltiplicarci, unicamente per morire innumerevoli.
Il mondo si è chiuso, come lo era prima delle Grandi Scoperte, il 1914 segna l'avvento del secondo Medioevo, e noi ci ritroviamo in quella che gli gnostici chiamavano prigione della specie, nell'universo finito, da cui non usciremo più. E ormai sparito l'ottimismo che per quattro secoli fu il retaggio di tanti europei, la Fatalità ritorna nella Storia, e ad un tratto noi ci chiediamo dove siamo diretti, ci interroghiamo sul perché di quello che ci accade, la bella fiducia dei nostri padri in un progresso illimitato, congiuntamente a una vita sempre più umana, è dunque svanita
Gli uomini sono al tempo stesso liberi e legati, più liberi di quanto non desiderino, più legati di quanto non avvertano, giacché la massa dei mortali è fatta di sonnambuli, e all'ordine non conviene mai che escano dal sonno, perché diventerebbero ingovernabili. L'ordine non è amico degli uomini, esso si limita a tiranneggiarli, di rado a incivilirli, ancor più di rado a umanizzarli.
Ok è tutto. Ci vediamo la settimana prossima. In fondo a Bengala troverete sempre e soltanto una frase di Charles Bukowski. Sappiatelo.