BENGALA #126 - TRE LIBRI
Piero Percoco spiega l'universo - il mio libro - Ray's a Laugh di Billingham
Stanno forse per bombardare il mondo e vorrei cominciassero dal mio culo. O forse vorrei bombardare il mondo col mio culo. Forse anzi lo sto già facendo.
La storia dell’uomo è una storia di casini e di guerre, ci scanniamo da sempre e sempre per gli stessi motivi, il che ci dice che molto difficilmente le cose cambieranno, ma al tempo stesso nonostante questi scannamenti siamo riusciti a produrre grandi cose, no?
Bengala si appresta a compiere tre anni? Forse quattro? Ho perso il conto, non ho idea giuro. Non me ne occupo, continuo a fare quello che mi viene e come mi viene. L’idea iniziale era commentare la realtà e darvi consigli di lettura. Credo di aver fatto questo fino a ora.
Fuck Netflix e i terroristi morti di fame
Per un attimo ci avevo creduto, vuoi vedere che la scritta “siete insetti” apparsa sui tabelloni della stazione di Termini, era un gesto di protesta contro Trenitalia, il sistema, il governo, tutto… Ehi, macché. Era Netflix. Che immensa scesa di palle vivere in uno spot collettivo in cui siamo attori e pecoroni forzati, in cui la stampa tutta cinguetta alla genialata del colosso streaming e i ribelli ormai non esistono più. Fossero stati hacker veri ci sarebbero stati i toni preoccupati dei ministri, gli esperti, il rafforzamento dei sistemi di difesa. Ma figurati se gli hacker veri in questo momento storico son li che si sbattono per la giustizia. Son finiti i tempi di Matrix, di quell’attitudine punk e sovversiva degli smanettoni che mettevano in crisi i governi come nella serie Mr. Robot. Adesso al massimo gli hacker svaligiano banche dati e violano gli smartphone dei famosi.
Mi sembra che stiamo vivendo un momento di sciatteria che mi auguro passi presto.
Manco i terroristi son più quelli de ‘na vorta. Su tutti i quattro di Mosca, pare arruolati per 5000 euro, una cifra che potevano venire a fare magari sulla costa italiana nella stagione estiva e che non prevedeva di farsi catturare e fare una strage. Qualche anno fa i terroristi si facevano saltare per aria, erano pessimi ma almeno ci credevano. questi son dei freelance dell’attentato che lavorano sottopagati come ogni freelance, si fanno abbordare su Telegram, si fanno beccare in poche ore. Veramente della gentaccia. Devo dire che non ho provato poi così pena quando ho scoperto che un soldato ha tagliato l’orecchio di uno di questi merdosi e ha provato a farglielo mangiare. C’è da compiangerlo? La Russia è un posto tremendo e son convinto che non ci sarà nessun provvedimento disciplinare contro il militare, nessun processo, nessun commento schifato (vabbè è una dittatura ok) a riguardo. Possiamo dire: chi se ne frega dell’orecchio di quello stronzo? Noi che invece siamo così normati e disciplinati su tutto siamo sempre più a pecora, a dire “figata” per la puttanata di Netflix.
Revenge porn.
Mi fa schifo la definizione in inglese, tutti voi sapete cos’è: quando qualcuno divulga un video zozzo contro la volontà di uno dei suoi protagonisti. Siamo una società fondata sul sesso e sulla sua castrazione. Siamo tutti bigotti. Abbiamo i telefoni che scoppiano di pornazzi autoprodotti e foto zozze che ci scambiamo con partner, amanti etc. Però alla A.S. Roma hanno lasciato a casa segretaria e capo per via di un video rubato dal cellulare di lei da un ragazzino della primavera. Trattasi forse di trombata in ufficio. C’è chi dice che i due parlino di un’eventuale dialogo tra i due in cui si chiacchiera di raccomandazioni. Già lavorare in ufficio fa cagare, trombare dovrebbe essere possibile in apposite salette, così… giusto per rinfrescarsi. La “pausa” può mai essere un momento alla macchinetta del caffè? Eddai.
Voglio dire, vogliamo essere tanto moderni, parlare di gender, di transizione, di fluidità, poi ci scandalizziamo per due che scopano a lavoro? Ma ci sarebbe da essere contenti. Vista la natalità devastata che renderà il nostro Paese tra i meno competitivi nei prossimi decenni, c’è pure da sperare che i due abbiano concepito. Diamogli una medaglia. Invece no. Che fa la A.S. Roma? Licenzia i due e protegge il demente di giocatore col silenzio omertoso. I due sarebbero “incompatibili” con l’ambiente. Ma andate a cagare… Il demente che divulga il video alla fine un regazzino. Un regazzino che magari diventerà un giorno un campione e che varrà milioni, quindi perché rovinarlo?
Non una di meno, non una femminista, non una Chiara Valerio, nessuna ha parlato di questa segretaria licenziata. Tiziana Cantone non ci ha insegnato niente.
Gli antichi romani scopavano giorno e notte. Uomini con uomini, orge, donne etc. Gli autori latini ne scrivevano divertiti. Oggi chiamiamo “creator” chi fa la zoccola su Onlyfans o Instagram ma ci vergognamo a lavorare con due che si sono ripresi a trombare. Boh, fate voi.
Being Famous
Oggi ho capito una cosa: sto giocando il campionato sbagliato. Tutti noi. Tutti voi che siete qui su Bengala forse. Faccio un esempio: per uno che fa quello che faccio io il fine ultimo è il riconoscimento del proprio lavoro. Non tanto la fama o i soldi (che comunque vorrei) quanto sentirti dire: ok, sei forte. Voi me lo dite, io a volte mi ci sento pure. Ho avuto anche riconoscimenti importanti, dal Corriere alla Rai, insomma qualcosina ho combinato, però ecco so che non abbastanza rispetto alla qualità di ciò che faccio.
L’altro giorno apro Robinson di Repubblica e c’è il romanzo d’esordio della figlia dello psicologo Crepet. Recensione by? Suspance… BARICCO.
Come dire: bollino DOC. Non credo che possa influire molto sulle vendite, ma l’investitura è consistente. Già solo per il plauso che si crea per una che già viaggiava in corsia preferenziale (esce con Einaudi) c’è da aspettarsi che l’aggiunta stima dello scrittore sia un requisito fondamentale per ritrovarcela in festival, programmi radio, tv, convegni, da qui ai prossimi anni.
I figli dei famosi fanno i famosi, giustamente. Inutile che la gente si incazzi col giornalista che ha detto “la figlia di Fiorello ora avrà 12 programmi”. Manco Fiorello si è incazzato, va così. Siamo il paese del nepotismo par excellence.
Così ho capito una cosa: non mi dispiace non essere su Robinson, ma soffro tantissimo per non aver partecipato a qualcosa di alternativo. Voi che leggete Bengala siete da me tutti invitati: io voglio organizzare un weekend di eventi, una mini Woodstock della cultura italiana. Non ho soldi, conosco solo pazzoidi, non me ne fotte niente di niente. A fine maggio a Milano faremo la festa di Bengala, sarà il primo passo.
Se qualcuno volesse aiutarmi mi scriva in privato.
Ho scritto un libro.
Quando ho accettato ero convinto che sarebbe stato distribuito in 100 copie da collezione poi ho scoperto che invece finiva nelle librerie di tutta Italia e mi sono cacato sotto. Il libro non era perfetto. Era un esperimento. Mentre premevo invio me ne pentivo perché pensavo a quanto scarso sono e a quanto avrei dovuto rivedere tutto. Ma c’era di mezzo Davide Bregola, direttore della collana che aveva scelto il mio volume come prima uscita, c’era Amedeo Bartolini già mio editore e poi c’era Enrico Pantani che faceva la copertina. Insomma, mi sentivo veramente in imbarazzo. Come potevano in tre addirittura credere nel mio lavoro di scrittura?
Io non volevo che il libro andasse in libreria per paura di non vendere, perché nessun libro vende. E poi per paura di sparire nella poltiglia mediatica. Sai l’imbarazzo di chiedere a qualcuno di scriverne? O l’imbarazzo di vedere che non ne parla nessuno?
Poi ho pensato una cosa: ma chi se ne frega.
Le prime cinquanta pagine sono comunque meglio di quello che di solito leggo degli altri e già per questo forse devo esser fiero. Anche i primi libri di James Ellroy messi a confronto con quelli dei decenni successivi sono tremendamente inferiori. Mi dicono: somiglia a Palahniuk e Burgess. Praticamente mai letti nessuno dei due (il primo un pochino).
Soffro nel parlarne perché soffro il vostro giudizio.
Il personaggio del libro non sono io, ho solo dato voce ai mostri che tutti abbiamo dentro. So che chi lo leggerà mi identificherà con lui (a cui non ho nemmeno dato un nome) ma io lo disprezzo. mi irritano la sua debolezza, la sua rabbia, il suo vittimismo. Non sono io ma è una parte di me, la parte che si lagna.
Il libro è incompleto, confesso di non aver veramente riletto il finale dopo averlo scritto. Davide Bregola ha detto che era buono e quindi per me è buono. Non si tratta di snobismo ma di una vera e propria paura nel fare qualcosa. Era una parte di me che dovevo espellere, non riuscivo nemmeno a guardarla. Forse più per me che per voi. Essendo un mio libro ci sono chiaramente dei refusi e anche la storia della sua genesi è particolare. Doveva chiamarsi Una palla in fronte, ovvero il colpo di pistola che il protagonista voleva riservare a qualcuno, ma il titolo provvisorio messo da Davide era Vita da autodidatta. Eravamo convinti che potessimo cambiarlo quando volevamo, ma invece no. Mi fa ridere questa cosa, dice tutto di me.
Io non sono propriamente un narratore, almeno non lo sono stato fino ad ora. Non sono Bukowski che diceva: scrivere deve esser facile come cagare. O meglio, quando faccio Bengala o scrivo pezzi corti sono esattamente così, veloce e instancabile. Vado dritto al punto e affondo. C’è a chi non piace per questo la mia scrittura, ma a me per ora va bene così.
La narrativa ha una costruzione che sinceramente sono troppo frettoloso per assecondare. Il libro nasce come un ibrido tra una storia raccontata e una cronistoria dei pensieri del protagonista.
inizia così:
«Non conosco nessuno che sia stato onesto e ricco. Almeno non allo stesso tempo.
È come se onestà e ricchezza fossero in antitesi. Scegli una strada, abdichi un’altra.
Avevo questa vita onesta che scorreva su due binari sicuri e dritti. Poveri. Ma sicuri e dritti.
Non avevo molti amici o soddisfazioni, non avevo grossa stima di me, ma nessuno mi ammoniva. Le mie miserie venivano ascoltate dalle orecchie stra-abituate degli altri che le catalogavano assieme alle tante miserie paragonabili alle mie e dei nostri simili. Abbiamo tutti storie uguali. Chiacchiere. Cumuli di chiacchiere indistinte. Sentimenti compassionevoli le accompagnavano nei cassetti della memoria.
Checazzo, c’è tutta la vita da vivere per essere tristi, fammici pensare dopo.
Questo pensavano loro mentre mi ascoltavano e io mentre ascoltavo loro. Era un esercizio spirituale tipo la confessione. Poi venivo assolto in base a quanto mi dimostravo al loro pari. Non un centimentro più felice di loro, non un attimo più in su. Questo volevano. E pure io. Non avrei mai sopportato la felicità altrui, l’avrei vista come un’offesa, una rottura dello schema.
Mi ascoltavano con compassione, mi davano consigli, ma alla fine mi salutavano con una pacca sulla spalla. Ce la farai. Andrà bene. Passerà.
Chiaramente non succedeva.
Passavo le serate a parlare con Oscar. Erano già anni che ci eravamo laureati in Filologia Moderna all’Università di Firenze. Quel crogiuolo di piccoli pidocchi letterari noiosi…
Non riesco a scrivere, gli dicevo disperato.
«Ma che c’è mai da scrivere? Come fai a credere ancora nella scrittura?».
Di lui che parlava mi ricordo il ciuffo al vento e il profumo di lime del dopobarba. Trent’anni e dimostrava trentamila. Meridionale, invincibile. Forse lo spirito di suo nonno combattente della prima guerra mondiale era sopravvissuto in lui. Ci stava meglio nei vicoli di quella città medievale, aveva più portamento.
«La scrittura è finita. come la religione. Ormai non c’è più spazio nel mondo per questa roba. Siamo inglobati in un nuovo ciclo. Siamo come i sapiens all’inizio, stiamo assistendo a delle nuove rivoluzioni. Pensa che sfiga e che culo, siamo nati proprio mentre il mondo cambiava, nel secolo più veloce di tutti. Già da quando eravamo bambini, tutto è diverso. Perché fai resistenza? L’universo non ama chi fa resistenza, tende a spazzarlo via. Non ti converrebbe per un attimo lasciarti fluire? Seguire l’istinto? Vuoi scrivere un libro solo per fare soldi e dimostrare a tuo padre che vali».
Fumavo Lucky Strike allora e inalando mi rendevo conto che era l’unico momento in cui respiravo.
Firenze, la putrida città morta da secoli. Che scelta sbagliata viverci. Intrisa di energie negative, vecchi omicidi, roghi, debiti, incesti e sodomia. Tutto era impresso in ogni singolo mattone.Ne venivo soggiogato.
Oscar no. Lui era uno spirito diverso. Era siciliano anzitutto. Aveva quella scorza. Era venuto su dall’isola spinto da una famiglia ricca. Sarebbe tornato giù dopo la laurea a vivere in riva al mare e amministrare l’azienda storica del nonno. Senza un minimo di problema, senza dover dimostrare niente a nessuno. Libero. Libero come io non sarei stato mai. Con un neo vicino al naso come De Niro. Era sempre lui a dirlo.
Quella sera passò un gruppetto di ragazze americane. Sembrava che gli USA le mandassero apposta a destabilizzarci. Oscar diceva che era un piano del Pentagono. Volevano «indebolirci con la fica».
Ascoltavo il suo complottismo affascinato e divertito e ogni parola era un macigno. Non sarei mai stato come lui, era anni luce avanti a me.
«Sai perché non siamo più un grande Paese? Perchè non puntiamo sulle cose giuste».
Il fumo della sua sigaretta mi entrava negli occhi provocando quasi le lacrime. Lo lasciavo fare. Anche quando scherzavamo e giocavamo il capo era lui. Ci incazzavamo ai suoi tempi, ridevamo ai suoi tempi, io ero sempre pronto per assecondarlo, felice di essere l’unico spettatore del suo spettacolo.
«E quali sarebbero le cose giuste?»
«La figa anzitutto. Siamo il paese col tasso di figa più alto del mondo e non lo sfruttiamo. Tolta Danika Mori che è comunque già in declino non abbiamo una figa che crei il panico. Ci siamo fatti fregare dalla rataikowski, una rumena, una che nemmeno sul viale… Fare venire il cazzo duro al mondo intero è qualcosa che conta. Voglio dire, è come essere l’Africa e non sfruttare l’energia solare. Siamo coglioni quanto gli africani! E gli africani sono i più coglioni del mondo, lo schiavismo lo sai, ce l’hanno dentro, ne sono intrisi.
«Dai le teorie nazi no, ti prego».
«Ma che nazi il cazzo? Sono alti il doppio di noi, hanno la minchia tanta, sono i più veloci del mondo, i più forti. E si sono fatti mettere i piedi in testa da tutti. Quelli quando volevano potevano fare la resistenza che ci rompevano il culo, invece niente. Fino a centocinquant’anni fa i frenologi erano considerati scienziati a tutti gli effetti, e per loro africani scimmie e donne avevano il cranio più piccolo e quindi meno materia cerebrale, era scienza. Ora figurati…
Dovremmo aprire accademie in cui si insegna a questi bolidi a usare chirurgicamente il loro potere ficale. Le donne possono conquistare tutto, uomini, menti, continenti. Si perdono su questioni di principio, hanno questo pungolo del principio. Ma le capisco, in fondo sono state sottomesse per secoli, schiavizzate, derise. Oggi che sono al pari nostro non fanno che lagnarsi. Dobbiamo formare fiche in grado di spostare l’assetto politico di un capo di stato, non solo di fare bocchini. Anzi, dobbiamo formare fiche che con i bocchini spostano l’assetto degli stati.
Il vero tema sarebbe anche riformare una classe dirigente di uomini che amano la fica, che la bramano e la conquistano. Ma qui la battaglia è durissima. I CEO dei social americani hanno fatto tabula rasa di migliaia di anni di cazzocentrismo. Fottuta gente in ciabatte come Mark Zuckerberg, dei primati.
Poi siamo bravi anche nel fare le auto, dobbiamo tornare a fare le auto. Basta queste merde di macchine tonde che ci svende la Fiat. Nessuno tranne un povero vuole guidare una Fiat.
Prendi poi i paesini medievali, i borghi abbandonati. Che danno di immagine. Alcuni architetti ipotizzano che ci sarà un ritorno alle origini, che torneremo a vivere nei paesini e abbandoneremo le grandi città. Le solite stronzate idealiste. Gli architetti sono tutti di sinistra. L’hai mai sentito te un architetto di destra? Chi cazzo vuol vivere in un paesino medievale vuoto? Solo un fricchettone dipendente dalle canne».
La sua brillantezza metteva allo scoperto la mia mediocrità. «Dovresti farti un Onlyfans dell’odio», gli dissi. «ti metti a cazzo di fuori tutto lucidato e fai quello sguardo un po’ alla Nietzsche».
«Nietzsche è giusto per quando hai diciassette anni, poi hai bisogno di struttura. Mi affascina il codice civile, un trattato di anatomia. In questo posto ci insegnano a vivere nell’astrazione».
Indicava col dito il grosso murales sulla parete esterna della facoltà in cui era raffigurato un ragazzo di Firenze morto in Libia o qualche altro paese “terra di conflitto” mentre svolgeva una missione umanitaria.
Oscar era quasi commosso. «Povero cristo, aveva bisogno di morire laggiù capisci? È morto per loro, per farli contenti, per far sentire alla sua famiglia che avevano fatto un buon lavoro, cresciuto un bravo cittadino».
Povero cristo.
«nero sopra nero sotto nero ovunque intorno al pianeta terra, noi siamo qui prendiamone consapevolezza ogni giorno».
Piero Percoco
se vuoi conoscere Piero ecco il modo migliore
Ultimamente parto sempre dalla considerazione che per me adesso è la base della quotidianità : che la terra è una sfera che fluttua nello spazio profondo, nero sopra nero sotto nero ovunque intorno al pianeta terra, noi siamo qui prendiamone consapevolezza ogni giorno.
Prendo consapevolezza di ciò e di quanta fantascienza effettivamente c’è nella vita di tutti i giorni. Abbiamo dimenticato non ci pensiamo più alle cose basilari all’esistenza, alla riflessione che viviamo su un cazzo di PIANETA, lo vedete? Vi ho messo sopra la foto.
Per esempio pensate mai al Sole per quello che è? Il sole è una stella gigantesca migliaia di volte più grande della terra, vi ho messo un disegnino che ho fatto sulla mia agenda.
Queste riflessioni secondo me possono potentemente alleggerire la vita a non dar peso più di tanto alle “problematiche” che affliggono la gran parte di noi, per assurdo persino la morte fa parte di questi problemi superflui perché prima o poi ci arriviamo tutti è certo come il sole.
Abbiamo dimenticato non ci pensiamo più alle cose basilari all’esistenza, alla riflessione che viviamo su un cazzo di PIANETA, lo vedete?
Parlerò di questo libro appena uscito da Adelphi dal titolo L’universo in una scatola scritto da un giovane scienziato Andrew Pontzen , comprato per pura attrazione entrando in libreria senza nemmeno volerci entrare, andare nel reparto Scienza e prenderlo senza vedere altro come comandato da forze superiori invisibili, nulla è per caso.
Ho sottolineato dei pezzi per me interessanti che mi hanno aperto ancora più mondi di quanti ne conoscessi vi dico il primo a proposito del nulla è per caso e che fa parte dell’introduzione del libro :
Ci rendiamo conto che l’universo in principio era microscopico?
Ora vi chiedo secondo voi cos’è questa immagine? Datevi una risposta e poi continuate a leggere.
Sto parlando della ragnatela cosmica, ho cercato su google l’immagine e l’ho cominciata a condividere nel gruppo whatsapp di famiglia e ad alcuni amici chiedendo: “Secondo voi cos’è questo?” E tutti hanno risposto connessioni neurali, l’interno del cervello, a me è sembrato il micelio. Ed invece.. ecco cos’è vi allego la foto della pagina del libro in sottolineato:
Un’altra parte stupenda che conoscevo già ma che nel libro è spiegato benissimo:
Vi metto anche la foto in questione del pezzettino piccolissimo ripreso dal telescopio, ed in testa mi echeggia la canzone del film Interstellar:
di questa piccolissima parte dello spazio che avete letto, immaginate che ognuno di questi puntini e dischi colorati sono Galassie , galassie GIGANTESCHE, dove in ognuna di essa c’è un intero universo a sua volta.
L’essere umano è limitato, noi siamo limitati non siamo concepiti per comprendere queste dimensioni gigantesche, possiamo parlare di spazio, di galassie e distanze enormemente inimmaginabili, ma pensandoci il mistero è proprio questo se ci pensate, nemmeno lo scienziato più incredibile della storia può concepire realmente la grandezza dello spazio, anzi andiamo piu nel “piccolo” la grandezza della nostra galassia, che è cosi enorme che all’interno al centro della Via Lattea (Via Lattea è il nome della nostra piccola tenera Galassia) c’è un enorme buco nero che risucchia tutto.
Adesso per chi sta un pò confuso e rincoglionito vi allego il link di YouTube anch’esso letto e spiegato in breve nel libro, dei primi minuti del film Contact, per farvi capire quando cazzo gigantesca sia solo la nostra piccola Galassia, non abbiate paura, guardatelo dura pochissimo, ma prima di guardarlo leggete questo pezzettino del libro che spiega un attimo:
“La Via Lattea è la galassia in cui abitiamo, e Andromeda è la sua vicina più prossima, ma non sono certo le uniche due galassie esistenti. Il film Contact, del 1997, inizia con una ripresa da un volo attorno alla Terra; la cinepresa poi si allontana e il nostro pianeta inizia a indietreggiare. Oltrepassiamo la Luna e Marte, la fascia degli asteroidi, poi Giove, Saturno, finché il Sole e il sistema solare si riducono a un puntino; vediamo innumerevoli stelle e nubi di gas incandescente, quindi lasciamo la Via Lattea fluttuare nell'abisso dello spazio profondo.
La cinepresa immaginaria di Contact è già arrivata a distanze miliardi di volte più grandi di quelle mai raggiunte da una vera astronave, ma il viaggio cinematografico non è ancora finito.
Compaiono decine di nuove galassie, e la Via Lattea si perde nella moltitudine. Alla fine lo schermo si riempie di puntini, ciascuno dei quali è una galassia: alcune più piccole, altre più grandi, ognuna col suo colore e la sua forma. L'inizio di Contact rappresenta la nostra concezione attuale dell'universo: un enorme oceano buio in cui isolette luminose e multicolori si dispongono lungo i filamenti di una ragnatela cosmica.”
Tutto questo che che avete letto è stata una proposta di Ray che un giorno mi ha detto ti va di scrivere qualcosa su questo libro che stai leggendo? Me lo ha mandato Adelphi ma io di scienze non ci capisco un cazzo, ed ho preso la palla al balzo per esprimere come sto vivendo la mia vita da qualche anno.
Concludo dicendo che oltre che aiutarmi nella vita quotidiana tutto questo mi ha aiutato e continuerà per sempre a farlo soprattutto nella mia ricerca nel fare foto che è tutta la mia vita, mi aiuta a comprendere e a superare dei limiti sulla mia ricerca stessa e quindi sviluppando nuove visioni e consapevolezze, l’evoluzione siamo costantemente in evoluzione, e se non ti evolvi sei fottuto.
Queste considerazioni mi riempiono l’anima ma allo stesso tempo te la svuotano per poter ricominciare da zero o meglio dalle basi della vita, ogni giorno, come riconsiderare la potenza del sole e che la terra è una sfera che fluttua nello spazio nero profondo e che l’unica certezza è che moriremo, tutti, anche Kanye West che tanto amate.
Qui trovi il libro di Adelphi
Erano anni che ne sentivo parlare ma non avevo mai potuto vederlo. Ray’s a laugh di Richard Billingham, l’esordio fotografico dell’artista inglese, era un libro cult degli anni ‘90. Uscito in una prima edizione e poi più ristampato, si trovava a migliaia di dollari su eBay e siti simili. Di certo non lo potevo consultare. C’erano le foto online si, ma non è la stessa cosa.
Quest’anno MACK lo ripubblica in una veste nuova, molto ampliata e più aderente alla visione originale del suo autore.
Dough Rickard scrive su ASX: It is a photographic vision of magnificence… but, magnificence in poverty and pain, in tragedy, of brilliance in ugliness, an aesthetic tour-de-snapshot-force of voyeurism and realism. What should be repelling instead compels… photographs that would be thrown away instead are “limited editions”, a feast for the eye’s. It is a piece that is towering in it’s brute force and bloody brilliant in shear aesthetics and human-tragedy-magnetism. Like wine, over time one learns to love this ugly aesthetic… and when you do, oh the taste is sweet, oh so sweet. I have said it before and will say it again… where can something so tragic be at once so aesthetically magnificent? Where can hopelessness, failure and darkness be propped up to enjoy so voraciously… only in art.
Eccovi alcune foto.
Il libro è gigante, stampato bene, un pugno in petto. Non c’è scritta una parola dentro, ci sono solo foto. Benvenuti nella vita di Richard, del fratellino Jason, di mamma Liz e del padre Ray.
“My father Raymond is a chronic alcoholic.
He doesn’t like going outside, my mother Elizabeth hardly drinks,
but she does smoke a lot.
She likes pets and things that are decorative.
They married in 1970 and I was born soon after.
My younger brother Jason was taken into care when he was 11,
but now he is back with Ray and Liz again.
Recently he became a father.
Dad was some kind of mechanic, but he’s always been an
alcoholic. It has just got worse over the years.
He gets drunk on cheap cider at the off license.
He drinks a lot at nights now and gets up late.
Originally, our family lived in a terraced house,
but they blew all the redundancy money and, in desperation,
sold the house. Then we moved to the council tower block,
where Ray just sits in and drinks.
That’s the thing about my dad, there’s no subject he’s interested
in, except drink.”
“It’s not my intention to shock, to offend, sensationalise,
be political or whatever, only to make work that is as spiritually
meaningful as I can make it –
in all these photographs I never bothered with things like
the negatives. Some of them got marked and scratched.
I just used the cheapest film and took them to be processed
at the cheapest place. I was just trying to make order out of chaos.”