Bengala #125: prima ero brutto ora sono bello
SPECIALE FESSA: Supersex - Rocco l'autobiografia - i culi di Fanuli - puppe e culi di Bregola
Niente, alla fine mi arrenderò, taglierò questi capelli lunghi. Perché?
Perché me la menano tutti. Entro in pizzeria e i quindicenni mi additano e ridono: «Gesù Cristo!». Mia madre e mio padre sono davvero sconsolati: «tagliali, ti prego». Un vecchio (psichiatrico) all’Esselunga mi ha urlato “Attila”.
Tu mi dici: a Berlino nessuno se ne fregherebbe.
Si ma io sto a Pescia, no?
A Pescia sono Gesù. Sono Gesù anche a Milano eh, ma almeno lassù c’è anche tutti gli altri scoppiati. Che poi non è che a Pescia non ci siano, ma forse lo sono con un tono diverso.
E poi cosa mi sono messo in testa? Chi mi credo di essere? Mi sento come in Easy Rider, quando i capelloni arrivano in città. Dice Dennis Hopper: “Parlano, parlano di libertà. Ma quando vedono un individuo veramente libero, allora ne hanno paura.”
Ma io non sono libero. Per niente. Sono un po’ libero, ma non del tutto.
Non lo è quasi nessuno. Se fossi libero vivrei in un camper parcheggiato fuori dal centro assieme ai gatti. Un modo lo troverei per campare.
Invece l’altro giorno ho fatto il concorso per la scuola e ho passato lo scritto. La prima cosa che ho pensato veramente? Se entro di ruolo posso fare un mutuo, comprarmi qualcosa a rate, insomma… indebitarmi. Sono un Produci-consuma-crepa vivente. Perché a me essere precario va benissimo, io sono precario in tutto, figuriamoci nel lavoro (ne ho cambiato uno ogni sei anni di media), però l’ipotesi di far l’insegnante di ruolo mi stuzzica per i pochissimi privilegi che mi darebbe. Ripeto, al momento manco l’iPhone a rate mi danno e la cosa un po’ mi fa sentire un coglione. Che ne so, giro per Pescia e vedo gente con un’istruzione molto sotto la mia che guida macchine che non mi posso permettere. Beh qualcosa vorrà dire.
Io son sempre stato così, alla fine cerco un po’ di riscatto. Io sono un ex brutto.
A tredici anni le prime ragazzine: «mi fai caa» (Ilaria Parlanti alla piscina comunale di Montecatini, io ero cotto); «mi fai caa» (persino la L.B. ma qui di anni ne avevo quindici e sapete cosa? Lei era bruttissima). Le prime fidanzatine che avevo mi hanno sempre detto: sei tanto SENSIBILE, sei così SIMPATICO, sei SPECIALE.
Non mi dicevano: sei bono. Non me l’hanno mai detto.
Ma io ho tenuto botta e quando tutti i miei coetanei muscolosi, sportivi, scolpiti, atletici sono cresciuti, la grande mietritice della Clessidra si è abbattuta su di loro. Quelli che mangiavano e bevevano gli è scoppiata la faccia, chi ha perso i capelli, i tossici ci son rimasti, altri hanno sformato. E lì è arrivato il turno mio. Lì mi è venuta in mente mia mamma che mi diceva: chi è bello ha una marcia in più, e tu sei bello. Frase traumatica.
Insomma son diventato un bell’uomo. E son contento. Penso che sono bello perché sono bello dentro. Non me la meno su questo. Ho un sacco di amici bellissimi, che io reputo bellissimi: Giovanni Ranuzzi, Luca Buoncristiano, Moreno Pisto, Luca Marcheggiani, Daniele Piovino, Lorenzo Monfredi, Marco Rosella, Alessandro Mannucci etc. Non sono dei belli canonici, sono belli perché sono diventati come volevano diventare. Idem per me.
Per questo mi fanno cagare le dichiarazioni del minchione dei Santi Francesi. Lui va da Ale (è suo amico, è suo pari, lo chiama per soprannome) Cattelan e dice che lascia i social perché si è stancato di sentirsi dire che è bello. Mavaffanculo, ma vai a zappare in Francia. La gente famosa ci campa sul fatto che è bella e questo manco esisterebbe se non fosse bello. Dice bene sulla vicenda il social guru Freddy Lorenzi: «è un cantante commerciale che patisce dell’essere in un meccanismo commerciale, senza il quale tuttavia non esisterebbe».
Io non sono quindi bello, sono un ex brutto, uno che ha cominciato a crederci da un certo punto in poi e mi va bene così. Diciamo anche una cosa, con sta bellezza avrei potuto farci di più, arrivare più in alto, scopare qualcuno di famoso (uomo o donna) e avere posizioni di piccolo potere, cominciare a comportarmi da idiota e frequentare gente più in alto di me, leccare culi, dire “ADORO”, ascoltare i vacui discorsi dei bigotti ascesi socialmente e fare si si col capino. Avrei potuto esibire il mio corpo e pompare e lavorarci anni, scolpirlo, renderlo un trofeo, farmi ammirare. Non l’ho fatto. Perché? Sono meglio degli altri? No, solo non ne avevo voglia. Mi son concentrato sulle cose che mi piacevano davvero, i dischi i libri i film la fotografia i bar degrado l’america la provincia etc. E non vado a rompere le palle alla gente dicendo che se sei brutto è uguale, perchè non è vero niente. Non sono un santo francese (che poi alla fine è brutto perché è ridicolo, un po’ fake).
Forse infatti i capelli non li taglio… me ne sbatto.
Forse provo a essere un pò libero… Che ci riesca non è detto.
Mi piace scrivere sempre dalla parte opposta, veder le cose dalla parte opposta. Sta minchiata dei Santi Francesi è bassissima, così come è basso Ale Cattelan e quella robaccia che propone. La stampa si butta su queste boiate. Tipo: uscito Netflix con la fiction su Rocco l’unica notizia che sapevi era: BORGHI NON HA USATO LA PROTESI. HA GROSSA MINCHIA. E HA LA TOURETTE! IL CHE RENDE TUTTO COSI WOW.
Era ovunque, con tono di grande ammirazione.
Io sul mio cazzo ci ho già fatto un Bengala, penso di aver detto tutto. Però ecco così siamo: ci piace che Borghi abbia la fava tanta. È ancora motivo di soddisfazione e curiosità. E se ce lo avesse avuto minuscolo e avesse dovuto usare la protesi? Che facevamo parlavamo del dramma della fava piccola? Andava da Fazio a sensibilizzare sulla fava piccola? No, per fortuna ha un palo.
Siamo tanto emancipati sulla diversity ma siamo tutti sani e salvi per una fava grossa.
Cose che restano nell’aria come una scia di profumo quando si parla di lui che invece a mio avviso è veramente bravo ed è il motivo per cui guardare la serie.
La storia di Rocco, come la conoscevo io narrata nella sua autobiografia che metto sotto, era meno criminale e più emotiva, però questa serie si fa guardare. Io guardo sempre un film di Borghi perché c’è Borghi. Mi piace, ha un bel viso, una bella voce, mi sembra bravo. Ho letto diverse stroncature ma a me la serie è piaciuta (non l’ho finita). Metto qui due Bengalate che la riguardano e di cui nessun giornale vi parla.
Ma Bengala non è un giornale, Bengala è oltre.
Nella serie Netflix il giovane Rocco è ammaliato da Supersex una storia porno sci-fi tutta italiana e tutta da sapere specie se raccontata come in questo libro di Gianni Passavini che per anni ha lavorato con una sorta di ellroyano Hugh Hefner nostrano: Saro Balsamo, uno che arriverà a possedere centinaia di testate e coilui che avrà lanciato la rivista per soli uomini MEN. Un pioniere.
Più che una ricostruzione sul mondo dell’hard questo libro è un viaggio nell’Italia della censura e degli imprenditori lungimiranti e fantasiosi che la popolavano. Dice Il Fatto Quotidiano: Supersex, Storia della rivista cult e del leggendario Gabriel Pontello, edito da le Milieu, «che è, in realtà, un istruttivo libro sull’Italia di quegli anni», spaccata tra la voglia di libertà e la censura repressiva, con una voglia matta di non abiurare il divertimento e la sessualità, in cui proliferavano filmetti zozzi, giornaletti, locali notturni. Un’Italia scopereccia e lontanissima, specie oggi in cui l’asessualità è così radicata e pure il New York Times chiede ai suoi lettori di scopare di più.
Nella serie Netflix il giovane Rocco è ammaliato da Gabriel Pontello, interprete di Supersex, ovvero un alieno arrivato sulla Terra che si vuole bombare più donne possibile. Quando viene emette un urlo: Ifix Tcen Tcen! Tutto assurdo, come è nato?
Cito Supersex:
«Ragazzi qualche idea su come riempire ste pagine? chiede Mancini. Tutti fanno finta di niente. Silenzio. Balsamo mette giù la cornetta e nello stesso momento si alza una mano, quella di Francesco Cardella, l’ultimo assunto, arrivat a Roma da Palermo dopo essere stato licenziato dal quotidiano siciliano Telestar. Cardella butta lì un’idea: “perché non ci inventiamo un personaggio, chiamiamolo, che ne so, Supersex, che viene da un altro pianeta e deve entrare nel corpo di un uomo e scopare nel giro di 24 ore, altrimenti esplode?». Zac!
Ps Cardella diventerà il rappresentante italiano di Osho e fonderà la comunità Saman di Trapani insieme con Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia nel 1988. Così, per capire il tenore dei personaggi che girano in questo libro, delle atmosfere tra la ligera e il delirio. Cardella morirà anni dopo in Nicaragua, inviato dal presidente dal suo amico Bettino Craxi…
Nel 1967 Balsamo decide di aggiungere la forza delle immagini a Supersex oubblicando un “fotofilm fanta-erotico” con uscita quindicinale in edicola. Funziona.
Poi saranno anni roboanti di creazione dell’immaginario che porteranno a Le Ore, al Cicciolina diretta da Pontello e fotografata da Schicchi. A Rocco che posa per la rivista e altre perle che sembra Romanzo Criminale ma più romantico, più melanconico, qualcosa tipo l’italo disco.
QUESTA È UNA CONVERSAZIONE TRA ME E MORENO PISTO CHE ANDREBBE MESSA NEL SOTTOCAPITOLO PIS-BANH. QUANDO PARLO ALL’ALTRO, L’ALTRO È LUI
PS: TUUUUTTO SCRITTO CON IPHONE QUINDI SGRAMMATICATO E IMBORDELLATO. FATEVENE UNA RAGIONE
PREAMBOLO: Rocco, oppure la minchia di Rocco, sono un argomento su cui tutti ci siamo interrogati. Un mio caro amico mi ha detto “Il mio mito. MI HA INSEGNATO TUTTO” e mi ha lasciato di stucco.
Rocco è diventato Rocco perché è sempre stato Rocco. A undici o dodici anni gli viene la cistite cronica all’uretra. Troppe seghe.
Io non mi ci sono mai potuto rispecchiare, ovviamente. Avete mai visto un filmino (usiamo la parola giusta al posto di video che è una merda) di Rocco? Nei filmini di Rocco domina il grande duo: Rocco e la sua mazza, sono abbastanza tremendi. Comunque lui ha scritto un libro, ormai fuori stampa, che mi sono letto E CHE MERITA DI ESSERE LETTO, sulla sua vita…
Foto prese gentilmente dal libro
PARTE FILOLOGICA: Il libro nell’insieme scorre veloce ed entusiasma ma purtroppo in alcuni punti è un po’ deludente, sotto al personaggio. Non so se l’ha scritto lui (è plausibile) o se l’ha dettato a qualcuno, ma credo che qualche editor ci abbia lavorato di pennarello nero.Troppi pochi nomi, pochi sputtanamenti, eccessi di cautela. Da Rocco Siffredi ti aspetti tutto tranne che il freno a mano tirato, ma sicuramente è una lettura più interessante di qualsiasi Premio Strega degli ultimi dieci anni (non importa leggere un premio strega per poter dire che è un libro di merda). E lo è anche per il linguaggio basico in cui è scritto. Non so spiegarlo ma alla fine è come se l’autore avesse avuto un sacchetto con 300 parole e avesse usato sempre quelle. La parola in opere del genere è solo accessoria alla descrizione, non c’è mai un aggettivo ricercato, una metafora, un’immagine. È tutto fatti. È una tabulazione di stati d’animo percorsi dal protagonista in tutta la vita. Ma ribadisco: a me piace questa cosa. Perchè tra le pagine trovi dei tesori come il rimedio di Rocco alla stanchezza sessuale: un beverone quotidiano con 1 litro di latte, 3 banane, vitamine in polvere, 5 uova. Ecco già così hai fatto una lettura utile. No?
BREVE BIO ANNI GIOVANILI: Rocco è diventato Rocco perché è sempre stato Rocco. A undici o dodici anni gli viene la cistite cronica all’uretra. Troppe seghe. nasce in un paesino d’Abruzzo. Sua nonna aveva più di 20 figli. È l’ennesimo di non so quanti fratelli. Da adolescente faceva il bagnino d’estate, era un casino perché gli veniva subito duro appena vedeva una in costume. Doveva segarsi in una cabina oppure buttarsi in acqua. a vent’anni la botta di fortuna: va a lavorare dal fratello a Parigi. Tramite una quarantenne entra nel giro dei locali giusti e si esibisce in diverse orge. Bum bum bang bang, è davvero lo stallone italiano. È figo e muscoloso e quando domina fa l’amore. Lo nota un famoso attore porno francese, che era il suo mito di infanzia. Il giorno dopo è sul set per un provino e tranne qualche raro episodio ci resta tutta la vita.
La madre lo sorprende a farsi una sega a undici anni e da li è tutto in discesa. “Ma glielo metti in culo davvero a quelle li? Disgraziato!” risposta “eh mamma che vuoi che faccia” e giù botte.
NOTA INTELLETTUALE: Bellissime le pagine di riflessione sul porno francese in antitesi a quello americano negli anni 80. Nel francese l’attore non necessita della presenza della donna per avere un’erezione. Non la guarda, non la tocca, l’attore si prepara alla scena masturbandosi da solo in disparte. In America la donna è ferocemente protagonista, dice parole sconce e domina. Rocco non ha bisogno di tanta preparazione perché a lui basta vedere una tipa nuda che già viene duro. Guarda i francesi come si guarderebbero degli alieni. farsi una sega in disparte di fronte a una donna nuda? Bleaah. Per capirci.. Il suo rimedio alle ore sfiancanti di set se perdi l’erezione? “Non pillole o cagate del genere. Io amo il vecchio rimedio: un bel culo a novanta gradi tutto da leccare”.
Rocco ha ammaliato e conquistato il mondo americano, difficilissimo e ostico, chiuso e vendicativo, perché faceva sesso a modo suo. Ama ogni donna, ma più di tutto ama scoparsela.
NOTA: Altra cosa interessante: Rocco crede nel malocchio, nella magia nera, nelle maledizioni. Si evince da passaggi subliminali e autobiografici che ogni tanto vengono fuori.
NOTA: le malelingue diffondo nell’ambiente la voce che lui ha l’AIDS per non farlo lavorare.
NOTA PSICANALITICA: Bellissimo il rapporto con la madre e il padre. La madre lo sorprende a farsi una sega a undici anni e da li è tutto in discesa. “Ma glielo metti in culo davvero a quelle li? Disgraziato!” risposta “eh mamma che vuoi che faccia” e giù botte. Ma sono botte d’affetto. Qui Rocco vince il complesso edipico e metaforicamente spurga i suoi sensi di colpa in un amplesso al contrario. Le botte della madre sono metafora di contatto. Non c’è incesto ma il soggetto si emancipa dal senso di colpa grazie alla benedizione materna. Muore la madre e Rocco muore dentro. La amava tantissimo e le pagine che ne raccontano la perdita sono davvero nere. Stupenda la seconda vita del padre vedovo. Diventa arzillo, Rocco se lo porta a giro. Gli prova a pagare una puttana in Romania (questo si che è affrontare la figura autoritaria del genitore, questo si che è entrare a piedi pari nel mondo adulto). Il padre ringalluzzito si trova a dire in paese “eh sai io sono il padre di Rocco Siffredi…” e si fa le vedove. Cioè cose così, di livello.
NOTA PERSONALE: Paura vera nelle pagine che riguardano gli incidnmenti di percorso. Ne ripercorro alcune immagini di fretta perchè mi si accappona la pelle: I punti sul glande dovuti al morso durante una fellatio di una pazzoide americana strafatta, il pisello fasciato in un asciugamano macchiato di sangue, le conseguenze disastrose di una circoncisione fatta male con tanto di trapianto di pelle di cazzo di morto, lui che prende il sole nudo sugli scogli per far cicatrizzare una ferita al cazzo e peggiora le cose, una scena girata sul set di Apocalipse Now con uno sciame di zanzare che punge il Nostro anche sulla minchia e lui che continua a girare con ferite come crateri. Un eroe.
Alla fine fa un calcolo. Cinque orgasmi al giorno sul set per 20 giorni al mese per 25 anni. Il risultato sono problemi di prostata. Tu immagina la quantità…
NOTA STORICA: quando parla di mondo del porno, Rocco lo chiama “mondo dell’hard”.
NOTA PRIVATA TRA ME E TE: mi sta simpatico. non è mai fuori dalle righe, non dice mai stronzate, non si bea mai. è onesto. è molto più figo del personaggio che i media hanno dipinto di lui. mi piacerebbe tanto andarlo a trovare in Romania. Così, un aperitivo. Uno davvero in gamba. Con Giordano invece vorresti mai averci a che fare? O con Piperno? ihhhhhhhhh…
APPUNTO: Nei film l’attrice c’è, ma è totalmente domata dalla coppia di bastoni. Rocco Tromba per trombare. Gode per godere. È nietschiano e palesemente dionisiaco. Nei suoi film la prima scena dopo un minimo di oral (che serve a lui per andare su di giri), di solito è l’anal. Rocco non passa neanche dal via, ma la donna non è mai la parte lesa in questo circuito. È come se il potere persuasivo di Rocco sublimasse nella donna il voler raggiungere il piacere, trasformandolo in un voler dare il piacere. Per farvi un’idea cercate il provino di Valentina Nappi per Rocco’s Pov (“Che fai? Non ci credo? Te lo metti in culo? Così, da sola, subito? Ragazzi se lo mette nel culo… incredibile” sussurrato languido da lui che tiene la telecamera). Appunti di riflessione per future analisi: è un omaggio agli dei? Un voto femminile di sottomissione? È una stronzata?
Dio non ci pensa, pensiamoci noi.
Non voglio diventare come quegli attori che per tutta la loro carriera si sono ritagliati il solo ruolo del cowboy.
Così Franco Fontana fotografo modenese conosciuto per i suoi skyline, raccontava la sua voglia di sperimentare e non ripetersi nello stesso ruolo del paesaggista. Certo i suoi lavori sul paesaggio che ritraevano scorci di Puglia e Basilicata lo avevano reso celebre, quelle sue terre tagliate in sottili strisce pastello sintetizzate nella loro astrazione le conoscevano tutti, “Stile Fontana” si diceva, o “paesaggi in codice” come aveva definito il suo lavoro Luigi Ghirri.
Di sicuro a tutti quelli che lo avevano archiviato come “il fotografo dei paesaggi” dovevano sembrare strane le sue Piscine.
Un lavoro raccolto in due volumi piscine edito da Dispress e blue l’edizione giapponese, entrambi oramai introvabili.
Corpi e nudi di donna che giocavano e si immergevano nei colori di una piscina.
Erano gli anni 80 l’Italia aveva il P. I. L in erezione e sapeva ancora sorridere e godere. Ricordo un articolo di una vecchissima rivista di fotografia che ne parlava. La trovai in un negozio a Roma che vendeva antichi kimono in via dei Coronari, ci entrai con una mia amica, attratto dalla proprietaria, un mix tra Wanda Osiris e una maîtresse di una casa per appuntamenti.nella rivista, le sue piscine e un bel articolo/chiacchierata nella casa modenese di Franco Fontana, una specie di zona franca ritrovo di amici e fotografi internazionali che lo venivano a trovare, come Art Kane o Josef koudelka che da buon ramingo decise di dormire da lui ma sul pavimento del salotto. Di nudi Fontana ne aveva già realizzati, uno in cui il corpo della donna era in simbiosi col paesaggio e un’altra serie, meno conosciuta realizzata con una compatta autofocus sul letto di casa in cui corpi frammentati creavano contrasti di colore con le lenzuola. Ma con le piscine creò un piccolo capolavoro, surreale e godereccio insieme.
Fontana riusciva e riesce ad essere naïf e colto,metafisico e terreno, ha sempre lavorato per contrasto e non solo di colore. Molti lo hanno amato e copiato, altri lo hanno sbrigativamente relegato ad un ruolo secondario troppo facile e immediato per essere citato nel buon salotto di chi a volte confonde la noia col buon gusto. Fontana parlando di se tra un Lambrusco di sorbara e buttando le sue ultime foto fresche di stampa sul tavolo durante una intervista a Progresso diceva così: «Mi piace bere, mi piace mangiare e far l’amore mi piace far fotografie; è un bel gioco, basta con la storia dell’artista che deve essere triste o incompreso...!odio i concettuali istruiti, o finti tali, che si ripetono sempre all’infinito nascondendosi dietro a formule matematiche o a concetti filosofici!».
A pensarci bene non è cambiato molto .
I Luminous sono dei piccoli volumi fotografici super gustosi dedicati a un autore. Anche io ne ho avuto uno, ma oggi parliamo di Fanuli, amico di Bengala e sognatore fotografo.
Fanuli è un viaggio nel tempo. Scatta Polaroid che probabilmente lo riportano all'infanzia, quando con l'occhio dell'adolescente guardava sbocciare il desiderio dentro di se e si faceva condurre da esso per scoprire il mondo. Non c'è angolo di costa ligure, non c'è anfratto dei Bagni Lido, che non contenga un voluttuoso corpo femminile in costume, di solito di spalle. Di spalle è la dimensione perfetta per guardare e non essere visti, per non dover dare spiegazioni o avere impacci col reale, per potersi solo godere lo spettacolo. Lo capisco, anche io scatto tanto di spalle.
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Foto The big book of boobs (Taschen)
di Davide Bregola
Gira sui social una frase orrenda, di un Nobel per la letteratura, forse vera forse fake, che fa: «Penso che le donne siano pazze a pensare di essere uguali agli uomini. Sono di molto superiori, da sempre. Qualunque cosa tu dia ad una donna, lei la migliora. Se le dai dello sperma, lei ti dà un bambino. Se le dai un’abitazione, lei crea una casa…» e continua così per diverse righe in modo patetico e insopportabile.
L’ha scritta o detta Sir William Golding, che in effetti ho apprezzato molto per il suo romanzo “Il signore delle mosche” in cui un’orda di bambini si trova su un’isola deserta dopo un atterraggio di fortuna in cui tutti i componenti adulti tirano le cuoia e, pian piano, anche i bambini commetteranno sopraffazioni inusitate per sopravvivere. Libro potentissimo. Ma questa frase patetica proprio no. Se fossi una donna m’incazzerei invece di postarla con quel modo virale che va di moda oggi per propagare frasi dall’apparente buonsenso.
Basta buonsenso, non se ne può più del buonsenso.
A me piacciono le donne che se ne sbattono della cellulite, o se ne fregano di essere grasse, o di essere pelose, o di avere le smagliature sul culo, o avere la pelle lucida, o avere i peli sul pollice del piede, o avere il culone, o essere troppo secche, o avere le tette piccole, o avere le tette grosse, o avere i capelli di paglia, o bianchi, o indomabili, o radi.
Me ne sbatto della paranoia dell’età che le fa sembrare troppo giovani, o troppo vecchie, o troppo fuori, o troppo dentro, e mai nel presente e basta. Qui e ora. Soprattutto donne che non accettano si dia loro, ma prendano e basta. Gli uomini intelligenti se ne fregano delle convenzioni, delle vecchie, delle giovani, delle mature, delle teen, delle nere, delle bianche, delle gialle e di tutte le categorie possibili e immaginabili codificate da PornHub.
Anzi proprio le convenzioni fanno calare l’interesse per certi tipi di donne che si erotizzano a comando, con ciò che propone la moda o il mercato o il costume o il modello corrente.
D’accordo, un’idea un po’ rustica, ne convengo, ma per spiegarla bene a chi non ha capito il discorso, quel che ho detto poco sopra ha a che fare con l’accettazione e con l’ascolto di sé e non dell’ascolto della collettività. Per cui, così a flash mi viene in mente: una volta lessi Il Diavolo in corpo di Radiguet. Un romanzo scritto negli anni ’20 in cui si racconta una torbidissima storia di sesso tra un adolescente e una donna più grande, sposata ma col marito al fronte durante la Grande Guerra. Quanto ho sognato di fare la stessa cosa, io sedicenne, con l’edicolante di fronte alla stazione di Ferrara. Quante volte.
Un’altra volta lessi tante poesie di Pavese in cui c’entrava sempre qualche donna e qualche uomo incapace di provare e far provare piacere. Ce n’è una intitolata Il vino triste che ancora ricordo dai tempi dell’adolescenza: «La fatica è sedersi senza farsi notare. Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate e ritorna la voglia di pensarci da solo. Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii, ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo esser nato e guardare il bicchiere.» Limonate dure con ragazzine prima o dopo averla declamata. Questa poesia funzionava con le tipe del professionale o con le ragazze della scuola per parrucchiere e di estetista. Arrivò da Pavese la consapevolezza che la cultura può essere molto erotica. Pavese mi intrigava tantissimo. Sognavo di trovare una donna frigida, che non provasse piacere, per capire assieme il motivo e godere di questo. Senza pensare di guarire o di essere sbagliati ché, l’idea di guarire, o di essere sbagliati, era parte del problema.
Poi alcune immagini che mi hanno in qualche modo dato un imprinting: al mare a Senigallia, mentre facevamo il bagno a quattordici anni, arrivò l’onda anomala e un’amichetta conosciuta lì, con un luminoso due pezzi azzurro. Casca il bichini e faccio in tempo a vederle le tette. Ha dei meravigliosi peli sui capezzoli e questo accenderà tutta la mia vacanza. Deliziosa. Da bambino una vicina di casa, infermiera, che mi portava di sopra mentre faceva la doccia e usciva nuda con quel meraviglioso cespo scurissimo in mezzo alle gambe. Un incanto che mi ipnotizzava e muoveva qualcosa verso la pancia, ma più in basso. Le donne senza calze, con la rotula in evidenza. Il polpaccio robusto. Gli occhi nitidi, senza venuzze. Le ascelle. Quei due nervi che abbiamo dietro al collo, quando si spostano i capelli lunghi. Le donne coi capelli rasati. Le labbra enormi, o sottilissime. Gli zigomi. L’intelligenza emotiva di alcune di loro, la razionalità di altre. Cristallina, diversa da quella degli uomini. Tutto affascinante.
Tempo fa lessi Passione semplice di Annie Ernaux. C’era la storia di sesso peso tra una donna che aspettava a casa sua un uomo d’affari che arrivava per scopare dopo lunghi viaggi di lavoro. Tutto molto normale. Tutto molto erotico perché nessuno dei due recriminava niente all’altro. Solo piacere. Lei non sapeva nulla di lui. Lui non sapeva nulla di lei. Forse l’uomo era sposato. Forse aveva figli. Tutto molto normale, tutto eccezionale. Per cui quel premio Nobel che dice: se le dai, se le dai, se le dai, se le dai qui, se le dai là…Cazzate. La mia prima reazione è: la donna non deve ricevere. La donna deve prendere e basta. Continuare a perpetrare una femmina a cui si deve dare non è accettabile. Sembra una concessione. La donna a cui si dà non avrà mai il coraggio di pensare di essere erotica coi peli. La donna a cui si dà sarà sempre in attesa, succube. La donna per me sarebbe sempre a posto. Con le smagliature sul seno. Col culone a buchi. Coi baffetti sopra al labbro superiore. La maggior parte pensa di essere brutta in quel modo. Trascurata. Poco in ordine. E non ho mai capito se è la loro naturale propensione a essere al meglio di se stesse o una pressione sociale a volerle con certe caratteristiche. Per me è attraente e carnale la donna sicura di sé. Naturale. Una donna così fa sangue e dimostra personalità. E’ carnale e naturale e questo accentua la sua forza, la sua potenza, il suo erotismo, la sua femminilità che non hanno nulla a che fare col sesso, ma hanno molto a che fare col rispetto e l’attrazione umana.
Scrollando Instagram mi passano sempre davanti i post di FREEDA e mi viene da ridere.
Freeda Italia, Freeda Spagna, Freeda Stati uniti, Freeda Germania, Freeda Francia, Freeda Russia. Tutti uguali. Tutte donne che recriminano la loro sessualità, la loro libertà, la loro completa autonomia e la loro battaglia contro stereotipi e body positività. Tutte a recriminare una libertà imposta dalla collettività. Salvo poi vedere post sulle stesse pagine in cui si pubblicizzano vibratori, dildo di tutte le fogge, liquidi profumati e lubrificanti, love balls…un mercato dell’erotismo per far credere di essere libere e indipendenti mentre altri (tipo Freeda) cercano di piazzarti toys costosi e modelli identici di donna per tutti i gusti e tutte le culture.
Con la scusa di farti sentire moderna ti vendono un erotismo pret a porter uguale per tutti.
Un grande negozio in cui ti dicono: Hei, sei speciale. Comprati questa frusta e questo vibratore e sarai ancora più speciale. Per me invece quando si ha a che fare con Eros e Dioniso non ci sono regole da seguire, ma sensazioni e istinti. Sensazioni e istinti individuali. Emozioni individuali. Solo che Eros e Dioniso oggi fanno paura perché sono vivaci e ingestibili in un mondo in cui sembra che bisogna avere tutto sotto controllo. Persino godere deve entrare nei canoni dettati da altri: ti fanno sembrare normale scopare in tre, scopare in quattro, tradire, essere fedeli, avere la cistite, non averla, accettare le proprie reazioni, il proprio corpo, qualsiasi esso sia, avere l’assorbente e fare sapere a tutti che hai le mestruazioni, essere uomo a cui piacciono gli uomini, essere donna a cui piacciono le donne, essere uomo a cui piacciono le donne e gli uomini, essere donna a cui piacciono le donne e gli uomini, l’alopecia femminile eccetera eccetera, in tutte le varianti possibili e immaginabili, ma te lo propongono sempre come qualcosa di speciale e a me per qualsiasi tipo di soluzione mi viene da pensare: e allora? Qual è il problema? Nel frattempo però ti vendono un dildo o una pompetta dall’anatomia vaginale per inserirci dentro il pene. Per noi sei speciale, sembra che dicano, però adesso non rompere i maroni e comprati ‘sto double penetration in lattice antiallergico. Vuoi mostrare il tuo corpo? Fallo! Vuoi nascondere il tuo corpo? Fallo! Vuoi tenere i peli alle ascelle? Tienili, qual è il problema. Io li ho, tienili anche tu. Non vedo il problema.
Anzi. Realizzazione femminile, stile personale, collaborazione tra donne. Per me va benissimo. Tutta la vita. Ma non me lo devono venire a dire nello stesso modo in Spagna, Germania, Stati Uniti, Italia, Francia, Inghilterra…perché altrimenti è omologazione anche quella e chi se ne frega di godere tutti allo stesso modo.
Negli anni Zero la fonte primaria del comportamento sessuale femminile era Sex&The City. In quel periodo ogni volta che incontravo una ragazza nuova, e aveva un certo tipo di comportamento, potevo intuire guardasse Sex&The City e il mio interesse per lei calava drasticamente. A me piacciono le donne che hanno una loro precisa personalità e non si fanno influenzare da una serie americana. Le donne toste non aspettano che un’americanata dia loro le dritte per essere femmina. Clitoridi, anatomia vaginale, vulve, pieghe uretrali, pieghe genitali: più sono strane e più sono uniche. Più sono uniche e più sono “autoriali”, se mi passate il termine. Più sono autoriali e più sono belle.
La stessa differenza tra il mainstream e il pezzo unico.
La stessa differenza tra industriale e artigianale.
Poi: è vero che ogni donna è un Sistema, un essere a sé. Ma lo è come può esserlo un uomo e il grande progetto che potrebbe svolgere la società potrebbe essere quello di educare le persone a pensare e agire in modo autonomo.
Tra le mie letture c’è il romanzo Il senso di Smilla per la neve in cui in una scena meravigliosa di sesso estremo una donna penetra col proprio clitoride il meato, cioè il buco del pisello di un tipo. Ogni volta in cui qualcuno pensa di dire qualcosa di rivoluzionario mi viene da dire: qual è il problema? Per me ogni particolarità dovrebbe essere accettata come qualcosa di consueto. Se Eros e Dioniso occupassero più spazio in questo nostro mondo occidentale disinfettato e mascherato andrebbe tutto un po’ meglio. Persino l’economia volerebbe, oltre all’umore dei cittadini di questo Paese diventato una specie di necrologio generalizzato. Ma lo vedete che i social oggi hanno preso il posto della penultima pagina dei quotidiani? Quella pagina in cui c’erano le foto dei morti e i ringraziamenti ai parenti del defunto? Un mondo in cui ci sono più Dionisi ed Eros e meno totem e tabù è un mondo migliore. Sicuro.
Meglio dissiparsi, consumarsi nella curiosità di scoprire le unicità di donne e uomini. Dissipazione totale, senza la paranoia di dover capire. Liberi! Donarsi senza remore. Dilapidare. Vivere quel che arriva e basta. I modelli sono una gabbia, anche quando ti offrono darkroom e club privé e night club e scambi di coppia regolarizzati con tessere e iscrizioni. Tutto troppo burocratico. L’erotismo può essere una gabbia se lo vivo come fosse una serie di regole fatte con una carta magnetica per la consumazione. Stantuffa pure come un martello pneumatico, se il tuo modello è YouPorn.
Però poi non rompere le palle se non ti senti appagato. Però quella cosa del clitoride mi è rimasta impressa, ossì che mi è rimasta impressa. Sì sì. Per favore non equivocate. Il mio discorso è più raffinato di quel che qualcuno potrà capire. Non è che se fossi una donna scriverei: “A me gli uomini piacciono che puzzano, con le ascelle pezzate, che scoreggiano a letto, che hanno il coso che sa di stoccafisso.” Il discorso è un altro, e ha a che fare con l’abbattere stereotipi culturali, sociali, famigliari. Una mia amica mi dice sempre: “A nessuna donna importa nulla di come ci riempite la fagiana. Ci importa come ci riempite la testa e come ascoltate quel che esce dalla nostra bocca.” E’ così, dice, che una prima misura si sente una quinta e una vecchia gallina si sente una saggia avicola.
Prima di passare dai tuoi sensi, entra in quelli degli altri, uomini o donne che siano, e prova a parlare da lì. E poi per tutte le cose che non ho potuto dire, chiamatemi pure, chiamatemi per una chiacchierata tra amici e amiche. Ci sarà da spassarsela. Au revoir!