Be a fuckin rebel. Come Maurizio Kuma
Gli stramorti loro, va a finire che c’aveva ragione Berlusconi: fidati sempre poco dei magistrati. In primis del tizio della procura di Rovigo per cui si prospetta l’apologia di reato su chi inneggia a Fleximan. Mado, manco in Corea arriverebbero a tanto. Invece a tutti quelli che hanno insultato le vittime della gogna Lucarelli fino a portarle ad ammazzarsi? A quelle signor magistrato? La loro non è apologia di niente? Per loro non si scomoda con un commento?
Niente da dire sui manettari vari che urlano lodando il magistrato: «Fleximan è un criminale!». Invece gli autovelox usati per fare cassa sui poveracci quelli non sono criminali, quelli vanno bene.
Dice la gente i giornali non li legge… Beh apri il Corriere della Sera e leggi la pagina su Fleximan dove si scomodano sociologi e psichiatri per parlare di soggetti malati ed egocentrici, pericolosi e violenti (nessuno ha fatto male a nessuno fino a ora) e non una riga sul Paese con gli stipendi più bassi d’Europa e il maggior numero di apparecchi installati (il triplo quasi di Francia e Germania). Chissà come mai la gente butta giù i velox!!! Poi oh, si sa, siamo onesti in Italia, no? Figurati se qualche amministrazione comunale ci marcerebbe sopra,… noo sono tuttì così integerremi.
L’altro giorno parlavo al telefono con Moreno Pisto e si discuteva del panorama italiano dei personaggi. Chi sarebbe da intervistare? Nessuno. Non ce n’è uno di cui ci fotta qualcosa, uno degno di nota, uno che si eleva a potenza in questo guazzabuglio di omini omologati. Donnine idem, davvero poca roba. Le ultime che si sono fatte notare sono tutte idealiste del femminismo intollerante, l’unico che esiste. Mai sentita una che si dichiara femminista e tollerante al tempo stesso. Mai. E io sono femminista fino al midollo, perdio.
Ma il discorso è un altro è altrove è proprio diverso.
Dice la gente è scandalizzata perché il sindaco di Terni ha detto che je piace a fregna o qualcosa del genere e chiaro che c’è la corsa a condannarlo. Bisogna subito rimarcare che non era il caso, che un uomo delle istituzioni e bla bla bla. Cazzo ma le istituzioni sono la rocca di Mordor, la sede dell’Occhio di Sauron!
A me non me ne frega nulla, non so nemmeno come si chiami il sindaco ma Siamo sempre lì col giudizio morale, col cercare un esempio in un uomo politico? Ormai sono tutti così! Ci piacciono più quelli che mentono deliberatamente e si mostrano come dei campioni di morale poi hanno il Nero dentro tipo Renzi, Salvini and company?
Citatemi l’ultimo politico onesto o anche solo di buon senso che avete sentito parlare negli ultimi vent’anni e non ditemi i grillini. Noooo. Veeeeecchia sta roba. Molto Elly Schlein sta roba: sconfitta sicura. Quando Elly la misero in copertina sull’Espresso io rimasi tanto deluso, pure Toscani inneggiava a lei come a un genio. Per me un pacco fin da subito, non capisco come uno possa anche credere per un istante che la Schlein sia papabile. E intanto il sindaco di Terni, di cui ignoro tutto ma mi sta simpatico solo perché gli danno contro Mentana e Serra e tutta la cricca, sale nei sondaggi. Vince le elezioni. La gente non ha più voglia di sentirsi dire come stare al mondo da altra gente visibilmente fasulla come i politici.
È così, non ci posso fare niente. Prendi tipo pure la storia di Sgarbi: ha ragione pure quando ha torto come scrivono su Ilblast. Il politicamente corretto è la morte della fantasia, della vita. Possiamo dire che crei più fascisti del fascismo, perché la gente per reazione ha voglia di ruttare in faccia a Elly Schlein. I politici di destra sono in ascesa per questo: sono gradassi. Vuoti per la maggior parte e gradassi. Ma «niente più moralismi da comunisti col Rolex», questo grida la gente che inneggia a ogni personaggio che fa incazzare i “movimenti”, i “collettivi”, gli ambientalisti etc. Non capirlo è ottusità.
Ma c’è posto per tutti. Questo è un numero sugli anni ‘90. Sul ‘94 per intenderci e dopo capirete perché.
Iscrivete la gente a Bengala. Il resto fuffa, raus!
Gli ciottola i denti in bocca
fanno “glock”
Come un dadino che tintinna
In una bricca di latta
(Non si attacca al palato la protesi).
gira il dado
Se esce pari vinco e tutto finisce
Se esce dispari sparisco
Oscilla l’arcata superiore
Se dice la “esse” le schizza fuori
Qualcosa di simile allo strazio
Mamma, come siamo arrivati a questo?
Sono lieto di annunciare la mia collaborazione con Mirko Cavallaro e italianibravagente, una pagina che amo.
L’idea è semplice, ripercorriamo il 1994, anno top del top della storia, per vedere quanto poco siamo cambiati in trent’anni. Racconto mio letto con voce fuori campo e foto selection by Mirko. Qui su Benga il testo integrale, su Instagram la versione video. Coi sottotitoli.
24 gennaio 1994, freddo cane in casa ed è domenica.
Potrei essere al nord come al sud, non so distinguere, ma di sicuro sono in Italia.
C’è qualcosa di strano nell’aria, qualcosa di epico.
Sono stato portato indietro nel tempo per osservare da vicino cosa non ha funzionato. Si stava meglio quando si stava peggio? Cavolo siamo tutti nostalgici del ‘94. Chi, potendo scegliere, sceglierebbe mai il 2024 in confronto al ‘94? Musica top, film top, c’erano ancora i soldi, insomma era una figata.
Sono introiettato in una casa italiana tipica con famiglia italiana tipica. Il che prevede coppie eterosessuali, figli e nonni. Fine. Mariti, mogli e amanti al massimo. Il cane sta fuori, che in casa fa sporco. Non c’è giudizio, il passato era così. Noi eravamo così.
Mattina presto, alla tv c’è la replica dell’ultima puntata de La Ruota della Fortuna con Mike. Ospiti d’onore: Aldo Biscardi, Toto Cutugno e Maurizio Ferrini alias la signora Coriandoli. Chissà oggi se anche solamente la signora Coriandoli sarebbe un personaggio possibile, forse no. Sarebbe sessista, ritenuta offensiva. La signora Coriandoli offensiva, Mamma mia.
Sono invisibile e posso volare e zoomare su persone e cose, loro non avvertono la mia presenza.
Sbircio la tavola apparecchiata per il pranzo: no avocado, no vegan e glutine ovunque, il concetto di dieta non esiste. Cibo in scatola e cotto al microonde, roba con la gelatina, fortuna che sono invisibile io non lo mangio quello schifo, carne in ogni salsa, tartine. La fiera del carboidrato e del grasso saturo.
Nessuno dei maschi ha la barba, sono tutti belli lisci, il padre (trentacinque anni e ne dimostra dieci in più) ha una giacca e una cravatta a quadrettoni, di lana, profuma di dopobarba e ha una cofana di capelli inciuffati, il nonno un baffo alla Stalin. Fumano tutti in casa anche se ci sono i bambini e le finestre sono chiuse.
Tutti vestiti larghi, colori tendenti al grigio oppure fantasie alla Fido Dido e gel nei capelli. Donne cotonate coi bigodini. Mio dio non vedevo un bigodino da trent’anni. Nessuna va a farsi i capelli dai cinesi, i cinesi ci sono si ma sono pochi e non esiste che un cinese abbia un bar o un negozio solo i ristoranti (per ora).
Chiaramente non ci sono cellulari e non ci sono strumenti singoli di distrazione tranne per i nipoti, un bimbo e una bimba, che giocano con un Game Boy. Uno in due, perché era un lusso, e uno guarda e l’altro gioca.
Poi di colpo il nonno stacca gli occhi dal giornale, un giornale di carta in una casa, non comprato in un supermercato ma in un’edicola. So anche dei dettagli, ma non chiedetemi perché. Il nonno legge Il Manifesto ed è motivo di litigio col figlio che sotto il braccio ha Il Giornale, diretto da appena quindici giorni da Vittorio Feltri, un tizio antipatico con la pipa di Milano che ha fatto fuori Montanelli. Un fascista, dice il nonno. Pensa, oggi il fascista a detta di tutti è Montanelli.
«Accendi un pò il televisore».
Non era già acceso in precedenza in sottofondo, quindi il figlio si alza e va alla tv e preme un tasto con un dito. La tv è uno scatolone a tubo catodico gigante, ci mette qualche secondo a riavviarsi. Mi casca l’occhio sul Giornale, nella prima pagina in basso c’è una foto di Pietro Pacciani, “rinviato a giudizio”, in alto un'inchiesta su 170 miliardi di narcodollari sequestrati ad Arezzo e un’altra su un attentato fallito allo Stadio Olimpico perché il detonatore non ha funzionato. Poteva essere una strage. Non ricordavo questi casini negli anni ‘90.
Poi sento quella voce: «L’italia è il paese che amo».
Non ci credo, lo sto vivendo in diretta. Luce da studio televisivo e fondotinta ben dato, la scrivania, lo sfondo con le foto. Cristo son tornato nel giorno della discesa in campo di Silvio Berlusconi.
«Delinquente, con che faccia tosta parla?». Il nonno è una furia, visibilmente agitato.
Il figlio incassa e gli intima solo di fare piano che non sente. Nel mentre arrivano a tavola mamma e nonna con le tagliatelle al ragù di carne (che mangiano tutti CAZZO) e dicono di mettere la messa.
«Per non andare in galera ha fatto un partito, l’amico di Craxi».
«Ma lasciatelo fare che in una vita che avete governato voi, non avete fatto niente?».
«Ma noi chi? Cosa dici? Ti vai a mettere con questo venditore televisivo? Ma non eri comunista te una volta?».
«Mamma ti prego metti Italia Uno c’è la replica di X-Files?»
«Ma cosa dici, che dopo poi hai paura?». La madre è stanca, visibilmente stanca. «Ma se, per una volta, spengessimo questo affare e mangiassimo senza televisione? Io non so più come fare, tutto il tempo alla televisione siete».
La tv non viene spenta, il nonno con uno stratagemma abbassa il volume quasi al minimo ma sullo sfondo resta il discorso del Cavaliere e la discussione sembra placata ma continua ad ardere come un fuoco sotto traccia.
Assurdo, sembra ieri, sono passati trent’anni, non è cambiato niente tranne che Silvio è morto e che al posto della tv oggi tutti guardiamo il telefono. Come voi adesso.
Pubblico sempre con piacere il lavoro di Berretta perché mi piace come vede le cose. Il suo Stazione Termini ha un posto d’onore nella mia libreria e mi ha conquistato per la semplicità.
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Per approfondire Berretta sappi che ne ho parlato qui
ITALY & ITALY
Di Pasquale Bove e Luca Santese (Cesura)
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Guardando queste foto mi sono un po' innamorato, son tornato nel passato, negli anni '90, son vissuto dentro a una puntata di Blob.
Grazie a Chico De Luigi ho scoperto questo capolavoro, ovvero una selezione nello sterminato archivio di Pasquale Bove, fotografo de Il resto del Carlino, ad opera di Luca Santese, che ha estrapolato 300 immagini circa da un archivio che ne contiene 250mila.
Le didascalie sono preziose quanto gli scatti, riportano solo la sintesi della sintesi e servivano a Bove per orientarsi nell'archivio. Ne metto alcune sotto giusto per rendere l'idea.
Il fatto è che nei '90 c'era già tutto ed era già tutto finito.
È stato come arrivare in cima alle montagne russe, quando la carrozza arranca piano piano e quasi si ferma sul crinale, in quell'attimo di sospensione prima di lanciarsi verso il basso e tu sei li convinto che andrà male, che morirai e poi no, urli, urli come un pazzo perché l'adrenalina è a mille, sei vivo, oddiovogliofarlodinuovo.
Ed è tutto scattato in Romagna con Pantani, Rimini, l'estate, la Lambada. E dove se non lì?
Ecco gli anni Novanta.
Discoteca
Su Dago la preziosa introduzione di Dotto, di cui vi riporto degli stralci.
Vuoi ficcare naso e occhio là dove si ostinano e ancora non si estinguono gli ultimi italiani veri e fieri? Lungo le orme a migliaia di sabbie calpestabili, indovinando la carne ammassata sotto gli ombrelloni. A mollo nelle acque, incastrati nel buco gonfiabile che a malapena li contiene. Custoditi tra cielo e terra dal carabiniere tricolore e la Madonna di turno. Un attimo prima di finire dalla ciambella alla rete. L’Alcatraz senza nemmeno l’ora d’aria delle calche contemporanee. Dove non conta se sei italiano, mongolo o congolese. Fotografie che parlano, basta ascoltarle.
Di una preistoria che è ieri, che puoi toccare con mano, registrare con l’olfatto, oltre che cantare con Cotugno. Sotto la tua finestra di casa, attraverso lo sguardo indaginoso di Pasquale Bove, uno di loro, uno di noi, ladro probabilmente cleptomane d’immagini, che non sono mai mera illustrazione, ma ispezione e zibaldone dell’anima, anche là dove l’anima pretende o presume di non esserci. La prova, se ce ne fosse bisogno, che il grande fotografo è colui che fotografa l’invisibile, non importa se in bianco e nero o a colori.
Sanguigni e gaudenti, vanitosi e sbandieranti, ebbri di tutto, malavitosi e generosi, soavi e maneschi, puri e ora anche duri. Chiamarsi Cattolica e pestare a sangue i primi extracomunitari. Ospitali e razzisti, bigotti e peccatori, senza saperne nulla del peccato, fallimento gigantesco di una Madre Chiesa che ha infiorato nei secoli altari, benedetto spose e miracolato madonne, addestrato preti nei confessionali di tutto lo stivale, ma senza quasi mai spremere nulla di veramente morboso dall’averli genuflessi a palate e inoculato a tonnellate il corpo di Cristo in quelle gole spalancate e quelle lingue batteriche.
Passati negli anni dalle braghe rotte ai jeans firmati, ma sempre in coda e in fila per qualunque cosa. Per il bollo dell’Aci, il flacone del Viagra, la salsiccia della sagra e i primi viados o le nuove puttane scaricate a frotte sulle litoranee dell’Adriatico, africane e rumene, quelle non ancora braccate dalla polverosa tonaca di Don Benzi, il Prete Insonne e Redentore che spostava montagne e papponi.
150* anniversario del primo stabilimento balneare
Arresto
Brosio Paolo
Cucinotta, Maria Grazia
Feste
Frecce tricolore
Hard
Matrimoni
Ristoranti
Scambisti
Viados, retate
Zanicchi Iva
instagram è un posto bello? Beh anche. Oltre alla marea di culi e idioti che si mettono in mostra per niente, ci sono tante miniere e filoni di bite che portano a piccoli tesori.
Questa settimana il mio tesoretto porta su @italianibravagente di Mirko Cavallaro.
Ecco alcune foto epiche di un passato che oggi sembra epico invece ai tempi era arraffato, umile, nazional popolare.
Mi fa riflettere che oggi rivalutiamo il pop come un movimento in purezza.
Questo è un breve dialogo con Mirko.
Cosa fai nella vita? Cosa ti ha spinto a mettere su questa pagina?
Nella vita faccio tutt'altro, sono un analista dati. Ho lavorato per anni in una grande azienda italiana di abbigliamento e da qualche mese sono approdato nel settore farmaceutico. Da 9 anni faccio teatro di improvvisazione.
Questa pagina nasce dalla mia voglia di archiviare le immagini di periodi storici che non ho vissuto ma avrei voluto. Quando trovo un'immagine che mi piace e che vado ad approfondire, italianibravagente è il posto in cui la condivido: è il mio archivio personale di immagini da condividere con tutti (a chi va!)
Riusciresti a fare una selzione altrettanto valida sui personaggi di oggi? Si o no (e perchè?)
Spesso me lo sono chiesto: mi piacerebbe, ma con quella pagina cerco di fuggire da tutto quello che è moderno.
Forse perchè non mi sono ancora concentrato sui tempi moderni e dal mio punto di vista le foto dei personaggi attuali hanno meno fascino di quelli del mio periodo di adolescenza e di quelle di un periodo in cui non sono mai stato.
Le mie foto fino ad ora si sono spinte solo fino agli inizi degli anni 2000, però mi hai dato spunto per un buon esercizio per il futuro!
Ti vedo fortemente concentrato sui '90 e quindi immagino che tu sia un millennial come me. Cosa ti lega a questo immaginario?
Si sono un millennial, nato nell'86. A dire il vero l'immaginario di @italianibravagente è nato in modo differente: all'inizio era un luogo dove archiviavo immagini storiche sia di personaggi famosi, sia di momenti storici e popolari. Anche le didascalie erano molto differenti, avevo un tono molto più cronachistico e descrittivo, citando esattamente cosa mostrava la foto.
Con il tempo il linguaggio è diventato molto più divertente, cercando di trovare una didascalia, una battuta, adatta a quello che mostrava la foto, staccandomi completamente dal solo contenuto.
Questo linguaggio si è accentuato molto durante il primo lockdown, quando essendo tutto il giorno in casa (ovviamente) condividevo spesso video di 30 secondi che rappresentavano la situazione in cui eravamo.
L'immaginario ultimamente è sempre più legato alla cultura pop, ai colori esagerati, alle situazioni incredibili in cui mi sarei voluto trovare. Con un occhio di riguardo verso i miei idoli musicali (Battisti, Dalla, Mina, Zero) e cinematografici (Mastroianni)
Le foto ripercorrono tutti i più svariati ambiti in cui è sgorgata rigogliosa l'Italianità: dagli usi e costumi, al cambiamento della società, dalla musica al cinema, alle curiosità di ogni genere. L’intento è quello di suscitare un piacevole brivido di fierezza e orgoglio, e di continuare a sorprendersi di quello che siamo e che non conosciamo.
Il nome nasce da un gioco di parole evidente in cui si cerca di riassumere la società italiana: fatta di persone “brave”, accoglienti, colorate, creative e solari, ma anche “brave”, furbe, menefreghiste, arraffone, malavitose; un ossimoro tutto italiano che rappresenta una meravigliosa diversità umana.
Quando muoio la lapide la voglio tutta scritta con il Font Populista.
Sono cresciuto in un mondo analogico e voglio riposare con un'epigrafe del mio tempo.
Vedevo gli adesivi delle lettere attaccati sul retro dei pandini, nelle mesticherie o sugli Ape cabinati dei ferrivecchi. Sono abituato a leggere quella fila un po' mossa, tremolante, di messaggi strampalati. Questo è il font dell'Italia fai-da-te, dell'Italia che ci piace, che puoi trovare in centro a Milano come in provincia di Salerno.
Andrebbe imposto in quelle scuole di design del cazzo e dovremmo incentivare le aziende a usarlo. Basta con la grafica, i grafici fanno tutti cagare tranne il Grande Artista Paolo Proserpio (per forza è un grande artista).
Bengala è anche una rubrica settimanale su L’Espresso.
Leggi l’ultimo!
Ok è tutto. Ci vediamo la settimana prossima. In fondo a Bengala troverete sempre e soltanto una frase di Charles Bukowski. Sappiatelo.